Da Matera a Brindisi la tappa scivola veloce, piatta come un biliardo. Si tocca lo Jonio, sperando di portare un po’ di spensieratezza rosa agli abitanti di Taranto, e si aspetta la volata. La velocità è da record, la media più alta della storia del Giro, aumentata dai ventagli aperti dalle squadre del nord, le più avvezze a creare scompiglio nel vento. Alla fine nessuno dei favoriti ci lascia le penne, ma chi si aspettava una gitarella lungo mare ha dovuto fare una faticaccia.

Sul lungo rettilineo dell’arrivo si compie l’esito atteso, e va in scena il monologo di Démare, che mette in fila il gruppo grazie al trenino formato dai compagni e trionfa a braccia alzate. La rosa se la gode ancora il giovane Almeida. Da dilettante non era l’ultimo arrivato nelle corse a tappe, ma la tenuta sulle grandi montagne è da verificare, e l’inesperienza, si pensa, prima o poi la pagherà. Tra i favoriti si contano, per ora, più le ammaccature che gli allori. Saltato Thomas, l’altro inglese, Yates, che una scelta tattica azzeccata aveva avvantaggiato nella cronometro iniziale, è quello che più ha pagato, fino ad ora, in salita. Ma se le sventure dovessero limitarsi all’Etna ce lo ritroveremmo più avanti capace di procurare qualche grattacapo agli altri.

Rimangono in tiro, senza fin qui aver strafatto, Kruijswijck, Fuglsang e Nibali, raccolti in un fazzoletto di secondi. L’olandese rotolante, che ha già perso un giro vinto per un capitombolo nella neve, corre a fari spenti e fa paura. Fuglsang è forse quello che ad inizio giro stava meglio (suo il Lombardia), ma grossi risultati nelle corse a tappe non ne ha fatti mai, e la squadra ha subito due batoste nelle prime tappe con il ritiro dei gregari suoi più forti. A guardarsi in giro un po’, rimane Nibali nostro. In una stagione incontrollabile dal punto di vista della preparazione causa pandemia, il siciliano ha senz’altro dalla sua una superiore capacità di gestire le sensazioni del momento. Può essere poi che il principale tallone d’Achille alla vigilia – le cronometro – si risolva in un piccolo vantaggio: tra i superstiti non è quello che, contro il tempo, va più piano.

Pesano due incognite: causa calendario, non è detto che le grandi montagne dell’ultima settimana possano essere affrontate, e ci sta che la corsa venga decisa, più che da scontri campali, da scaramucce ed imboscate; più incombente dello Stelvio, infine, la minaccia del virus (ufficiale in proposito l’annullamento della Rubaix). Fino ad ora la “bolla” nella quale vivono gli atleti al Giro regge. Speriamo bene.