Il summit di venerdì 19 giugno tra i quattro paesi di Visegrad (Slovacchia, Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca) e il presidente francese François Hollande ha confermato l’orientamento contro le quote di distribuzione dei richiedenti d’asilo proposte dalla Commissione Europea. Dai colloqui tra i cinque primi ministri e capi di stato è emerso su questo punto un statement comune. «Rifiutiamo il sistema di quote obbligatorie e riteniamo, che un approccio volontario possa essere più efficiente – ha detto il premier slovacco e socialdemocratico Robert Fico e padrone di casa – I migranti vanno aiutati negli stati, da cui provengono».

Toni simili sono arrivati da Hollande, che ha specificato, «che i migranti per motivi economici non vanno inclusi tra i richiedenti asilo, che fuggono dalla dittatura nel loro Paese». Toni ancora più duri sono emersi dai colloqui bilaterali con il premier britannico Cameron (nella foto Lapresse), anche lui a Bratislava per una conferenza sulla sicurezza globale.

Dopo l’incontro con il premier ceco Bohuslav Sobotka (socialdemocratico), i due hanno sottolineato, che i migranti per motivi economici vanno respinti senza se e senza ma. «Bisogna stabilizzare la Libia e creare una serie di accordi con i paesi africani creando un sistema di rimpatri per i migranti, che sono venuti in Europa ma non hanno ottenuto l’asilo», ha detto Sobotka, che già alcuni giorni fa si era lasciata andare in dichiarazioni, secondo cui l’attuale ondata migratoria avrebbe distrutto il welfare state europea, se non fosse stata fermata in tempo.

I partner europei si sono mostrati decisamente indulgenti con l’ungherese Orbán e il suo muro sul confine con la Serbia. Visto da Bratislava, la Commissione Europea, l’Italia e in parte la Germania, che spingono per l’introduzione delle quote, sembrano decisamente isolate sia tra i popolari che tra i compagni socialdemocratici del premier italiano Renzi.

La questione dei migranti continua ad avere una grande eco anche nelle opinioni pubbliche dei singoli Paesi del centro Europa. I governi stanno reagendo agli arrivi soprattutto dall’Ungheria rafforzando il controllo sui singoli confini nazionali e facendo retate di polizia su treni e trasporti pubblici diretti verso la Germania. Sono notizie di queste ore l’arresto ed espulsione di alcune decine di siriani e afghani in Slovacchia e in Repubblica Ceca. Piccoli numeri dati in pasto ai giornali e all’opinione pubblica sempre più impaurita da un’improbabile invasione.

Di questa paura si stanno facendo forti le forze dell’estrema destra e xenofobe. Per oggi è convocata a Bratislava una manifestazione «Contro l’islamizzazione dell’Europa». Si tratta di un blocco eterogeneo, che grazie anche ai social networks, mette assieme gruppi dell’estrema destra più ideologica e spezzoni di società razzisti e xenofobi, come alcune tifoserie di calcio slovacche. «Sotto le mentite spoglie di una protesta civica gli organizzatori della manifestazione vogliono abusare della società slovacca, che ancora non sa affrontare il problema delle migrazioni», accusa Robert Mihaly, uno degli organizzatori del presidio antifascista. Le due manifestazione si annunciano partecipate anche da militanti e attivisti dei Paesi circostanti, e perciò il pomeriggio di sabato sarà molto caldo a Bratislava.

Paradossalmente però gli anti-islamici, i cui materiali sono pieni di invettive contro i politici al potere, si trovano in qualche modo a difendere la linea dei loro governi. Lo ha ammesso il segretario del nuovo Blocco ceco contro l’Islam, nato lo scorso week-end, Martin Konvicka.
Secondo Konvicka, gli anti-islamici cechi sostengono la posizione del governo e «vigileranno affinchè la sua azione in Europa sia conforme alle sue dichiarazioni in patria». Gli anti-islamici non nascondo un retro-pensiero anche elettorale, ma non è detto che l’operazione riesca. In fondo in quasi tutti i Paesi del centro-est Europa le loro idee sono, purtroppo, già al governo.