Soggetti assenti dal discorso pubblico che si interroga sugli effetti del lockdown prolungato, gli adolescenti pascolano nelle case del mondo alternando momenti gioviali (in videoconferenze con gli amici o durante le lezioni a distanza con i loro docenti perduti, aggrappati a immagini effimere) a cupi pomeriggi sul divano spruzzati di pensieri color pece e una scontrosità dettata anche dall’angoscia. Sono stati privati di tutto, non si spintonano né si toccano. La socialità iscritta nel loro dna come fattore di crescita e confronto, è evaporata in un batter d’occhio, quasi a tradimento. In queste settimane, sta andando in scena un desolato «romanzo di formazione» per intere generazioni. E se i bambini, in acuta sofferenza a causa delle restrizioni, almeno ogni tanto vengono nominati, loro – i più grandi – sembrano essere stati rimossi, destinati all’invisibilità, corpi imprendibili dunque cancellati.

NON È QUEL CHE PENSANO autori e autrici della letteratura per ragazzi che spesso dedicano le loro storie proprio a quegli indecifrabili attori di un mondo parallelo che sono gli adolescenti. Se la quarantena ormai è triste sinonimo di isolamento planetario, il titolo Libera. Un’amica tra le onde del romanzo di Daria Bertoni (storica libraia della Libreria dei Ragazzi di Milano) è già una promessa di uscita estatica dalla claustrofobia (Mondadori, pp.180, euro 17): in ballo ci sono l’oceano con i suoi spazi aperti che si mescolano all’orizzonte e i suoi abitanti, tra cui le balene.
Il libro ha un inizio non consolatorio: Alice, undici anni, deve fare i conti con una separazione famigliare, dopo essersi sorbita pomeriggi interi di litigi fra i genitori. La notizia, riferita a lei che «ormai è grande», la getta nello sconforto, fa impennare il pessimo umore e non le permettere di accogliere bene neanche la prospettiva di un viaggio con suo padre, alle Azzorre. Lui, cetologo, studia le balene e Alice può fargli da assistente, alla fine della scuola. Di malavoglia, fa quel che le viene chiesto e si imbarca su Calipso, la barca nemica, quella che ha generato tante discussioni fra i suoi, che si è messa in mezzo al loro amore, stiracchiandolo fino allo strappo. Su di lei, la vita da pirati non esercita nessun fascino particolare: lo sciabordìo le provoca una fastidiosa nausea, odia nuotare e l’oceano, troppo profondo e misterioso, le incute un sacro terrore. Nell’equipaggio, però, c’è anche Damian, figlio di un altro scienziato, ottima presenza cui incollarsi per fare amicizia e tentare di rimanere a galla. E fuori, ci sono creature straordinarie, come i delfini festosi o Libera, la balena che ha appena partorito il suo cucciolo e che, inaspettatamente, avrà bisogno dell’aiuto umano per continuare a vivere.

LASCIANDO IL MARE sconfinato e finendo tra le fitte foreste inglesi durante gli anni difficili della Guerra delle Due Rose che movimentò drammaticamente il XV secolo e il regno di Enrico VI, La freccia nera di Robert Louis Stevenson è uno di quei classici un po’ impolverati che, a ondate, tornano sugli scaffali: questa volta The Black Arrow (è il titolo originale) viene riproposta da De Agostini. Lo scrittore la pubblicò a puntate – diciassette – sulla rivista Young Folks nel 1883 per poi ripresentare gli episodi in forma di romanzo nel 1888.
È la storia avventurosa dell’orfano Dick, cui capita in sorte, alla morte del padre, l’ambiguo soldato di ventura Daniel Brackley come tutore.
Soprattutto – nonostante sia costellato di battaglie – il libro è un affresco morale contro ogni conflitto bellico, con puntigliose descrizioni della miseria dei contadini. E del dilemma che pone l’essere umano a un bivio, incerto sulla strada da prendere tra appartenenza ai fuorilegge seppur per una giusta causa o l’imbocco della «retta via». Qualcuno tra genitori e nonni ricorderà lo sceneggiato tv che spopolò sugli schermi in bianco e nero della Rai anni Sessanta dove Dick era interpretato da Aldo Reggiani e la sua amata in pericolo Joanna, da una diciottenne Loretta Goggi.

FRA I «RIENTRI» ATTESI, rimanendo nelle ambientazioni ottocentesche, c’è anche il giovane Sherlock Holmes, così come lo ha immaginato l’autore canadese Shane Peacock: un quattordicenne che fa l’assistente del farmacista Bell e intanto aiuta Scotland Yard, confidando su passione e intelligenza. Questa volta è alle prese con un mostro di altre epoche (Il giovane Sherlock Holmes. Il demone oscuro, Feltrinelli, pp. 240, euro 14) che condensa tutte le paure ancestrali che albergano in noi: una specie di creatura alata che emana zolfo e tanto ricorda i diavoli medievali. Louise, amica di Beatrice (è lei che lo chiama a indagare), è stata rapita e va salvata senza perdere ore preziose. Anche in mezzo alla notte. La lettura del romanzo si può abbinare alla serie – un po’ psichedelica e da teatro dell’illusionismo – di Sherlock su Netflix.

[object Object]

ESISTE UN TEMPO fiabesco che non si colloca dentro nessuna cornice storica, ma procede per conto suo. E accoglie al suo interno le vite – dissennate e affettive – dei suoi protagonisti. È quello che abbraccia Patrizia Rinaldi nel suo romanzo Hai la mia parola (Sinnos, pp. 218, euro 14) fra campagne, castelli, sparizioni, ricerche e fughe. Mariagabriela è molto carina e ha una sorella, Nera, che invece è nata zoppa; sono ragazzine al servizio di famiglie nobili ma presto le loro esistenze saranno sconvolte. Eppure, in mezzo agli stenti, scansando paure, nutrendo la speranza, combattendo contro le «bestie» c’è spazio per amori e rovesciamenti coraggiosi di destini, con qualche tocco magico e il ricordo struggente di terre picaresche. Il tutto narrato con il ritmo poetico e un po’ notturno, in stile confessione, dell’autrice napoletana.
Le avventure non mancano – e anche questa volta si dipanano in mondi sconosciuti – nel romanzo Toto e il mago di Oz del britannico Michael Morpurgo (Piemme, Il Battello a vapore, pp. 282, euro 16,50, illustrazioni di Emma Chichester Clark). Il classico è ribaltato e riassaporato dalla prospettiva di un cane, il fido amico di Dorothy: appartiene a lui la voce che descrive gli incontri straordinari che faranno durante il loro stralunato viaggio, dopo aver lasciato la fattoria in Kansas, prima di essere spazzati via da un urgano.