Bologna vista da lontano, nelle narrazioni spesso di parte, sembrerebbe l’ultimo bastione di una vecchia politica socialdemocratica. Il giudizio di Sinistra Unita per Bologna è però molto diverso. Chi ha amministrato la città nei decenni – e tuttora la governa – ha sposato da tempo la logica neoliberista, al massimo puntando a un capitalismo dal volto “quasi” umano. Il Pds-Ds-Pd locale ha seguito l’evoluzione della politica nazionale, anche con provvedimenti altamente simbolici: dalla privatizzazione delle farmacie comunali negli anni ’90 ai finanziamenti sempre più cospicui all’istruzione privata. Mentre nella città un tempo capitale della sinistra il mondo del lavoro è ai margini dell’agenda di governo. I lavori per chi ha meno di quarant’anni sono quasi solo precari e malpagati; i dipendenti comunali attendono da un decennio che gli venga reintegrato il 50% di produttività e siano riconosciuti i diritti ai sindacati di base che rappresentano oltre un terzo dei lavoratori.

Le scelte sulle grandi infrastrutture sono in linea col passato, come il nuovo passante autostradale che sposta di poco il traffico senza diminuire l’inquinamento già critico, come denunciano cittadini e comitati ma confermato – con qualche maquillage – dal candidato sindaco del Pd e dai suoi alleati. L’altra opera su cui aveva tanto puntato il Pd, il People Mover, navetta su monorotaia sopraelevata tra aeroporto e stazione, è oggetto di satira: un mezzo rumorosissimo, poco capiente e che si blocca con la neve o quando la temperatura si avvicina allo zero. Le politiche per la casa, in una città dove gli immobili sia in vendita che in affitto sono costosissimi, sono improntate alla costruzione di nuove unità per redditi medio alti e il recupero dell’edilizia popolare è secondario. Sul tema case popolari la Regione Emilia-Romagna ha approvato nel 2018 una legge che, sulle orme della normativa leghista in vigore in Lombardia, introduce il criterio dei 3 anni di residenza per accedere alle graduatorie.

È proprio per mantenere un punto di vista di sinistra, di classe, coerentemente ambientalista e dalla parte del mondo del lavoro che abbiamo lanciato a marzo l’appello «Qualcosa di sinistra per Bologna». È così che è nata la lista Sinistra Unita per Bologna, che oggi unisce militanti politici e persone impegnate su varie tematiche, uomini e donne senza partito e attivisti sindacali dalla Cgil alle organizzazioni di base, con la partecipazione di Rifondazione comunista e Pci. Insieme abbiamo scelto di candidare sindaca Dora Palumbo – eletta nel 2016 nella lista dei 5 Stelle, ma uscita dal quel partito nel 2018 dopo l’alleanza di governo tra Grillo e Salvini – oggi unica voce di opposizione di sinistra in consiglio comunale. Ci spiace che altri partiti e attivisti non si siano uniti al nostro percorso scegliendo l’alleanza col Pd o una strada identitaria, ci auguriamo di poterli rincontrare comunque presto.

La nostra è una proposta che, accanto all’opposizione al governo centrale e a quello regionale, vuole articolare anche sul piano bolognese progetti e programmi: in primo luogo diritti e salario dei lavoratori pubblici e privati; la centralità della sanità pubblica; un welfare fatto su misura delle esigenze delle persone e non dell’imprenditoria privata; la centralità del trasporto pubblico; il sostegno al mondo della cultura e dello spettacolo; una gestione del territorio al servizio della comunità e non dei costruttori e della speculazione.
Ma una nuova agenda per la sinistra cittadina non si può costruire solo in una campagna elettorale, per questo da un lato puntiamo a rientrare in consiglio comunale, dall’altro siamo determinati a mantenere un coordinamento tra tutti coloro che hanno dato vita a Sinistra Unita per Bologna che sappia diventare organizzazione e punto di riferimento per il prossimo futuro.

* Sinistra Unita per Bologna