«Giù le mani dai bambini!». Nessun simbolo della Lega ieri sera a Bibbiano, solo una grande scritta con tanto di punto esclamativo. Sul palco allestito al centro del piccolo paese della provincia di Reggio il dolore delle famiglie e dei loro bimbi, e il microfono ad un certo punto arriva anche alla mamma del piccolo Tommaso, rapito e poi ucciso a Parma nel 2006. Eccole le ultime cartucce sparate da Matteo Salvini in questa campagna elettorale all’ultimo voto che deciderà il futuro non solo dell’Emilia-Romagna, ma probabilmente anche del Pd e del governo giallo-rosso. A poche centinaia di metri di distanza da quella leghista ecco invece la piazza festosa e piena di musica delle Sardine, che all’utilizzo a mo’ di clava dell’inchiesta “Angeli e Demoni” hanno preferito dare spazio agli abitanti di un paese da mesi assediato politicamente e mediaticamente. E per l’ennesima volta il movimento ha battuto i leghisti. Tra un proclama e l’altro alla fine i conti di precisione li fanno le forze dell’ordine. Duemila persone per la festa della sardine, cinquecento in meno per i supporter del Carroccio accorsi nella piazza principale ad ascoltare i genitori vittime di presunte sottrazioni illecite dei figli da parte dei servizi sociali.

«Non saranno le piazze a decidere il voto ma certamente danno fiducia», commenta a distanza il candidato del centrosinistra Stefano Bonaccini. «Siamo tantissimi, un mare colorato – esulta la sardina numero uno Mattia Santori – Il movimento ha inceppato la macchina dell’odio. Noi abbiamo scelto come farlo, ma in realtà questa piazza si è fatta da sola, ed è bastato uscire di casa e andare nel mondo reale. Ecco cosa vuol dire comunità». Una contronarrazione, quella delle sardine, che per la prima volta ha dato respiro ai bibbianesi, e infatti la manifestazione sardinesca è stata, come annunciato, una festa di paese più un comizio.

Lontani osservatori dello sfida di Bibbiano, Pd e Movimento 5 Stelle, a Bologna per le rispettive manifestazioni. Con Stefano Bonaccini e Nicola Zingaretti in un circolone Arci alla periferia della città, riempito come sempre succede dai militanti Pd chiamati a raccolta. Mentre Luigi Di Maio si è presentato a Bologna da ex capo politico per sostenere il candidato del M5S Simone Benini. Alla fine i grillini, che in Emilia-Romagna hanno deciso di non allearsi con nessuno, hanno radunato in una piazzetta del centro città trecento persone, nulla a che vedere con la piazza Maggiore riempita a dicembre dalla sardine, e nel 2007 e poi nel 2010 cavalcata da Beppe Grillo col famoso canotto. «Noi siamo bravi a portare a compimento i programmi, non a fare i calcoli o a prendere voti», dice dal palco Di Maio quasi a scusarsi. Al Movimento però non basta scegliere per il comizio la secondaria Piazza Galvani. Quando il ministro degli esteri inizia a parlare sventola qualche bandiera ma due gazebo su quattro restano vuoti per mancanza di interesse e qualche scatolone con i poster del candidato non viene nemmeno aperto. «L’importante è essere nel giusto», dice Salvo. «Noi non molliamo», spiega Enzo, arrivato dalla romagna. «Se mi ricordo piazza Maggiore piena? Purtroppo me la ricordo molto bene», conclude però amaro. Sul palco i candidati si alternano al microfono e raccontano quel che faranno quando non saranno al governo, senza nemmeno fare finta di credere alla vittoria. Perché lo slogan del Movimento, nella regione che l’ha visto nascere e diventare una forza politica che fino ad un anno e mezzo fa ambiva apertamente a vincere le elezioni di domenica, è quello di eleggere «la tua sentinella utile». Si torna indietro di oltre 10 anni, quando a guidare i neonati 5 Stelle era Giovanni Favia e l’idea era di mettere una «webcam nelle istituzioni». Ad un certo punto un grillino con bandiera lancia la palla avanti: «Mi hanno detto che stanno arrivando dei bus con tanti militanti». Non si presenta nessuno, mentre Di Maio racconta che l’importante è fare le cose, non vincere, «perché c’è bisogno di opposizione». Tanto freddo e timidi applausi, mentre su facebook arriva l’appello del consigliere regionale uscente non ricandidato Andrea Bertani a fare voto disgiunto e a scegliere come candidato presidente Bonaccini.

Diverse le cose in casa Pd, che sceglie l’iniziativa al chiuso e raduna mille persone nel circolo Arci Benassi di Bologna. La macchina organizzativa del partito funziona a pieno ritmo, così come l’opera dei volontari che in queste ore stanno tentando di convincere gli indecisi. A parlare di fronte al popolo dem sono Zingaretti e Bonaccini. «Salvini è un untore della paura – dice il segretario Pd – Al voto mancano poche ore, sono le più importanti degli ultimi cinque anni e anche dei prossimi cinque. Bisogna combattere ma sono molto ottimista, i dati dei sondaggi danno Bonaccini in grande vantaggio». Non è così ovviamente. Circolano sondaggi che nessuno può pubblicare, ma di cui tutti parlano. Non tutti portano buone notizie, anzi. I dirigenti dem lo sanno, si fidano dei loro numeri ma la paura è tanta. Per la prima volta l’Emilia-Romagna è in bilico. La notte elettorale del 26 gennaio, ed è ormai l’unica cosa che tutti danno per scontato, sarà molto lunga.