Una notte in cui l’impossibile sembrava possibile ed è diventalo possibile. Ore passate alla radio e alla televisione, nell’attesa di notizie che si contraddicevano e si accavallavano. Il muro si è davvero aperto? Come e quando lo si potrà passare? Sono finiti così, di colpo, 28 anni di segregazione? E poi, che succederà?

Il comunicato del governo

La notizia è arrivata nelle case dei tedeschi dell’est alle 19.34 del 9 novembre con l’Aktuelle Kamera, il telegiornale della Rdt. Un’annunciatrice legge un comunicato: «II consiglio dei ministri ha deliberato nuove norme per i viaggi privati all’estero e per gli espatri definitivi, con efficacia immediata fino all’approvazione di una legge in materia da parte della Volkskammer. 1) Si potrà fare richiesta di viaggi privati all’estero senza che ricorrano le condizioni finora previste (rapporti di parentela e particolari motivi). Le autorizzazioni verranno concesse a breve termine. Si opporranno rifiuti solo in casi eccezionali.  2) Gli uffici competenti dei comandi distrettuali della Volkspolizei hanno avuto disposizione di concedere senza indugi visti per l’espatrio permanente, senza che debbano ricorrere le circostanze tuttora previste.  3) Espatri permanenti possono aver luogo a tutti i posti di frontiera della Rdt con la Rft o con Berlino ovest».

Il testo è un rompicapo. Che significa a «breve termine»? Ci vuole un visto solo per l’emigrazione o anche per una breve visita? Anche ad ovest si va a tentoni. Guenter Schabowski, membro del politburo, ha letto quel comunicato attorno alle 19 ad una conferenza stampa aperta ai corrispondenti stranieri. Ma prima di addentrarsi in quel tedesco contorto e ricco di trappole ne aveva concentrato il senso in parole molto nette: «Ogni cittadino potrà recarsi all’estero da tutti i varchi di frontiera della Rdt. Potrà farlo da subito, anche al confine con Berlino ovest». Tanto era bastato ai corrispondenti delle agenzie per schizzare fuori dalla sala e «sparare» la notizia dell’immediata apertura del muro, mentre gli impiegati della sala stampa cominciavano increduli ad abbracciarsi piangendo. Il telegiornale occidentale delle venti da enfasi alla svolta ma, per non sbagliare, non entra nei dettagli del dispositivo giuridico.

Le partite continuano

Nell’imbarazzo i programmi sono continuati senza variazioni: le partite di calcio Stuttgart-Bayern München e Kaiserslautern-Kòln sul primo canale; sul secondo uno speciale sul viaggio di Kohl a Varsavia. Il cancelliere, già frastornato dalle polemiche sui confini polacchi (26 deputali del suo partito non vogliono vincolare un futuro stato tedesco unificato al rispetto della linea Oder-Neisse, e sognano ancora Slesia, Pomerania e Prussia orientale), è stato visibilmente colto alla sprovvista dal colpo di scena nella Rdt: «Veramente non so cosa potrà venir fuori da questa decisione…», dice all’intervistatore. Solo l’indomani prenderà la decisione di interrompere una visita troppo complicata e volare a Berlino per parlare ai «suoi» berlinesi e al neosegretario della Sed Egon Krenx.

Alle 22.40, con dieci minuti di ritardo perché le partite si sono prolungate, comincia sulla prima rete l’edizione lunga del telegiornale, il Tagesthemen. Ormai è chiaro, l’evento è storico, il muro cessa di simboleggiare la divisione lacerante, esordisce il moderatore. E si collega con una postazione al varco dell’Invalidenstrasse: «Giornalisti e curiosi aspettano sperando di incontrare i primi visitatori dall’est, ma finora invano. Pare che, appresa la notizia, i berlinesi dell’est si siano accalcati al posto dì controllo, ma le guardie di frontiera li avrebbero respinti dicendo di rivolgersi domani mattina alle otto agli uffici della Volkspolizei, per chiedere il visto». La redazione centrale si reinserisce con materiale precotto. Dopo una decina di minuti nuovo collegamento con l’Invalidenstrasse: «La situazione è confusa, è difficile raccapezzarsi. Qui non è successo ancora nulla, ma testimoni, che sono qui con me, riferiscono che le cose vanno diversamente a Wedding, al valico della Bornheimer Strasse. Ci dica, cosa ha visto?».

I primi, in lacrime

«Alle 21.25 è passata una prima coppia, in lacrime per la gioia. Ci è venuta incontro di corsa, fino alla striscia bianca di Berlino ovest. Mi hanno abbracciato e abbiamo pianto tutti e tre». «Ha visto venire altri?» «Sì, parecchie persone. Hanno raccontato che un migliaio di persone si erano presentate al posto di controllo, e sulle prime le guardie le rispedivano indietro, dicendo che occorreva il visto. Quelli della Volkspolizei non ne sapevano niente. Alla fine è venuto fuori che non ci voleva nessun timbro, chi voleva è stato fatto passare senza nessuna formalità, con la sola carta d’identità. E hanno assicurato che tutti potevano rientrare quando e come gli pareva».

Interviene un secondo testimone. «Sono andato prima alla Chausseestrasse, ma era tutto fermo. Mi sono spostato verso le 21.30 alla Bornheimer Strasse, e ho visto venire i primi dall’est, con l’auto e a piedi, e con la sola carta d’identità. Uno è passato a piedi per fare una prova, è rientrato, ed è uscito di nuovo con l’auto. Ho parlato anche con una coppia, che abita dall’altra parte della Bornheimer Strasse (una via tagliata a metà dal confine). Andiamo a vedere se i numeri civici continuano anche dalla parte vostra – mi hanno detto – e poi ce ne torniamo». Nel frattempo si o venuto a sapere che si passa anche a Sonnenallee e al Checkpoint Charlie. con la carta d’identità.

Segue un secondo collegamento con Gudow. alla frontiera tra la Rdt e la Rft. «Il grosso afflusso ancora non si è verificato, oppure due o tre ce l’hanno fatta. Lei come ci è riuscito? Aveva il passaporto e il visto?» «Macché – risponde un ragazzo dal finestrino della Trabant – ho sentito alla televisione che si poteva partire, ho fatto il pieno, e sono venuto qui, con la carta d’identità», Funzionar! senza regole? «Ma come – insiste il cronista incredulo, quasi scandalizzato all’idea che sul suolo tedesco dei funzionar! possano non attenersi alle regole – l’agenzia Adn dice che per uscire dal paese ci vuole un’autorizzazione. Perché l’hanno fatta passare ugualmente?». «Non sapevano nemmeno loro che pesci pigliare. Non volevano prendersi la responsabilità di mandarmi indietro e non volevano nemmeno avermi lì tra i piedi». «Dove è diretto?». «Ad Amburgo, da amici, poi si vedrà».

Queste prime, ancora vaghe, conferme inducono gli esitanti ad anelare a vedere di persona cosa sta succedendo. E all’1.30, quando dopo l’ultimo telegiornale va in onda un programma speciale, il quadro è cambiato. «Da tre ore c’è un ressa tale che si rischia di soffocare, dalle due parti del muro che non è più «il Muro» – urla nel microfono il cronista sull’Invalidenstrasse cercando di sovrastare il frastuono. I berlinesi dell’ovest vanno a est e tornano indietro. Quelli dell’est vanno a ovest e tornano anche loro. O meglio cercano di tornare, perché la folla è tale da ostruire il passaggio. Nonostante gli appelli a lasciare aperto un varco lanciati al megafono dal borgomastro Momper. Centinaia di auto sono bloccato». La telecamera inquadra Momper. «Signor borgomastro, il muro è davvero solo un residuo archeologico, continuerà a restare aperto così?». «La Rdt non potrà più tornare indietro. Già il decreto del consiglio dei ministri non viene più preso alla lettera. Siamo felici. È una gioia che abbiamo atteso per 28 anni. Ho visto tanti piangere per la commozione, donne e uomini che hanno vissuto la divisione della città e la costruzione del muro. Se volessero revocare queste ultime disposizioni, la gente nella Rdt si ribellerebbe, troverebbe pazzesco un passo indietro».

«Siamo qui per bere una birra»

Waller Momper, trascinato dalla foga, si dilunga un po’ troppo, e l’intervistatore l’interrompe: «C’è qualcuno qui che è venuto da Berlino est?». «Io – risponde una signora sulla cinquantina – sono arrivata dieci minuti fa. Finito il lavoro io e mio marito volevamo vedere se si poteva davvero passare, per venire a bere una birra qui. Nessuno ci ha chiesto niente, nemmeno di tirar fuori la carta d’identità. È da non credere, come in una favola». «Crede che molti vorranno rimanere a ovest»? «Chissà, qualcuno forse. Ma ognuno di noi ha già il suo posto. Non c’è mica spazio per tutti dall’altra parte. Io e mio marito abbiamo la nostra casa là», e indica oltre il muro. Lentamente si fa strada tra la folla un’auto. Il giovane guidatore si sporge dal finestrino: «Un saluto ai miei genitori, che sono a Kiel, ciao. Che non mi aspettassero, io torno indietro». Alle due la festa è esplosa. Migliaia di persone si guardano, si abbracciano, ridono, piangono. Si stappano bottiglie di spumante. Si sparano fuochi d’artificio. Si canta «Un giorno come questo, un giorno così bello», la canzone dei compleanni e delle ricorrenze felici. Si presenta al microfono una coppia: «Noi abitiamo dietro l’angolo, dall’altra parie, i nostri bambini dormono a casa. Volevamo solo vedere per una volta la porta di Brandenburgo dall’altra parte. L’abbiamo visto e per il momento ci basta così». Interviene un altro: «Maledizione, il guaio è che domani devo andare a lavorare alle sei. Mi sa che non dormirò nemmeno un’ora. Ma a lavorare certo che ci torno, di là». Un ragazzo di Berlino ovest, reduce dall’Alexanderplatz a est, racconta che quella piazza si è riempita di occidentali che non hanno nemmeno la carta d’identità in tasca. Le regole si sono rotte anche per loro: niente visto per cinque marchi, niente cambio obbligatorio per 25 marchi: la festa è gratis. Contemporaneamente, a ovest, un corteo di Trabant percorre su è giù il Kudamm a clacson spiegato. Sulla Breitscheidplatz, al termine del Kudamm, c’è un happening est-ovest.

La folla scavalca il muro

II collegamento finisce qui. Ieri mattina altre testimonianze: «Mi sono limitato a fermare un taxi a Schwerin, gli ho chiesto di portarmi ad Amburgo, lui mi ha risposto di saltare su e mi ci ha portato», racconta un uomo che sta rientrando nella Rdt per andare a! lavoro. «Arriverò un po’ tardi ma ne è valsa la pena». Molti, moltissimi, ci tengono a dirlo; vogliono restare nella Rdt, sono felici per la libertà conquistala, non hanno intenzione di mollare tutto. Qualcuno chiama addirittura «traditori» quelli che se ne sono andati definitivamente: «Ci hanno pugnalato. Devono tornare, abbiamo bisogno di loro». E poi altre immagini in Tv, girate intorno alle tre alla porta del Brandenburgo. La porta, tutta in territorio orientale, è chiusa da un doppio muro, uno rivolto verso il centro di Berlino est, l’altro rivolto a ovest. La folla ha scavalcato il primo muro. Molti sono riusciti così, magari per la prima volta nella loro vita, a passare e ripassare sotto le arcate. La polizia era presente in forze. All’inizio ha cercato di bagnare con un idrante chi si arrampicava sul muro. Ci ha presto rinunciato, ha lasciato fare, e solo a cose fatte si è avvicinata con calma a sgombrare l’area tra i due muri. Ieri mattina gli uffici della polizia si sono aperti, e hanno cominciato a rilasciare i passaporti e i visti promessi. Ma per chi non vuole spingersi fino alla Rft, e si accontenta di qualche ora a Berlino ovest. sembra continui ad essere sufficiente un timbro sulla carta d’identità. File si sono formate anche davanti alle banche e alle casse di risparmio di Berlino ovest, che pagano i cento marchi di «accoglienza» a chi arriva. Nella confusione qualcuno è riuscito a farseli versare più di una volta. La polizia non è più in grado di fornire stime sul numero dei visitatori. A stare alle inchieste lampo ai varchi di frontiera, nove persone su dieci dichiarano di essere venute a ovest solo per vedere se il sogno è vero e per guardarsi intorno.

*articolo pubblicato sul manifesto dell’11 novembre 1989