«Le rose della resistenza nascono dall’asfalto, siamo quelle che ricevono rose, ma siamo anche quelle che con il pugno chiuso parlano dei nostri luoghi di vita e resistenza contro gli ordini e i soprusi che subiamo»; parole di sapienza pagata con il prezzo della vita, sono queste di Marielle Franco, l’attivista brasiliana assassinata per strada il 14 marzo, e a cui la settima edizione del Festival barese delle Donne e dei Saperi di Genere è idealmente dedicata. Inaugurata il 4, questa nuova edizione del Festival si è aperta «nel segno delle migrazioni». Anche quest’anno Bari diviene crocevia di straordinario fascino per uno degli appuntamenti femministi di maggiore interesse nazionale. Fitto di appuntamenti, il Festival delle Donne e dei Saperi di Genere proseguirà fino al 20 di aprile e – come in passato – anche questa volta esplicita subito la sua priorità (che poi coincide con quella della ideatrice e direttrice Francesca Romana Recchia Luciani). Politica è infatti l’intenzione di collocarsi ancora una volta nella complessità del presente e dei corpi che lo abitano. Si potesse trovare un ideale filo rosso tra tutti i temi proposti da sette anni a questa parte, sarebbero proprio quello dei corpi nella prossimità e nella dismisura dei propri desideri e delle proprie esperienze considerati nella loro emersione a un tempo di lucore e contraddizione. Non solo nello scenario teorico del femminismo, nazionale e internazionale, ma proprio nell’avvio dell’incontro con la differenza sessuale che abita, soprattutto in festival come questo, anche la contingenza di un tempo difficile. Ecco perché la pronta dedica a Marielle Franco. Ma ecco anche la ragione delle migrazioni, con focus niente affatto scontati che raccontano bensì di esperienze storicizzate, buone pratiche innervate nei territori (e in particolare quello pugliese relativo alla storia albanese, per esempio).
Organizzato con il patrocinio del Centro Interdipartimentale di Studi sulla Cultura di Genere e del Dipartimento di Studi Umanistici, dell’Università degli studi di Bari, molti seminari, incontri, proiezioni, dibattiti, insieme ad altrettanti ospiti: Tamar Pitch, Luciana Fina, Cecilia Laschi e poi ancora Sara Garbagnoli, Alketa Vako, Jamila Maskat, Adil Azzab. Il modo scelto per declinare questo «segno» capace di nominare le migrazioni è – come anche nelle edizioni precedenti – la multidisciplinarietà. Tra cinema, teatro, musica e libri (tanti libri) ciò che è il «transito» intravisto nell’intersezione con il genere, assume qui un portato capace di riguardare tutte e tutti.
«L’azzardo – scrive Recchia Luciani nel numero speciale della rivista L’Indice dedicato interamente al Festival – è consistito nel volersi porre domande “globali” e storicamente – politicamente pregnanti restando ben situate in un luogo periferico, una città il cui mare coincide con un confine sudeuropeo aperto e fluido».