Platone e Aristotele ricordano che la filosofia nasce dalla meraviglia, ossia l’essere umano che osserva il mondo rimane meravigliato da ciò che il mondo stesso, o natura, gli propone. Questa meraviglia, però, coloro che si dedicarono al suo studio vollero razionalizzare; quindi, dai miti sulla nascita e l’origine del mondo si passò al disincanto, a quel «placet experiri» di cui avrebbe scritto Petrarca. Proprio il tema dell’incanto è al centro della prima edizione FiloCivita – Festival di Filosofia di Bagnoregio dal 7 al 9 ottobre presso la Casa del Vento di Bagnoregio, paese legato alla filosofia per i natali dati a San Bonaventura. Il Festival, ideato dalla direttrice artistica Sara Del Bello, dottoressa di ricerca in Filosofia Politica, è patrocinato dal Comune di Bagnoregio, Casa Civita, Società Filosofica Italiana – sezione di Viterbo e Osservatorio Interuniversitario sugli Studi di Genere (GIO).

COS’È L’INCANTO? Siamo ancora capaci di meravigliarci? Lo sviluppo della tecnica ci ha portati verso il disincanto? Abbiamo necessità di recuperare un legame con le radici che sono parte della nostra vita? Queste le domande che guideranno le 3 giornate di incontri nel corso dei quali la filosofia dialogherà con la comunicazione, il cinema, la letteratura grazie a 10 ospiti.
Il rapporto umano-natura è al centro di uno dei 5 appuntamenti: la filosofia delle origini è indicata come fisiologia da «physis» e «logos», quindi, discorso sulla «physis». Quest’ultima, che tradotta è «natura», ha la radice «phy» del verbo greco «phyo» ed esprime l’essere venuto al mondo e, per quanto si vada a cercare nel classico vocabolario greco-italiano Rocci, non c’è alcuna possibilità che possa essere intesa come «creazione», a sottolineare il fatto che per i fisiologi presocratici la questione della creazione non si poneva.

La filosofia era nel binomio umano-natura, con il secondo termine ad indicare tutta la realtà, sempiterna e spontanea, della quale l’essere umano è parte (fra gli altri su questo i Manoscritti economico-filosofici marxiani del 1844), la natura alla quale è immanente la capacità di mettere ordine (è questo il significato del verbo greco «cosmeo», da cui derivano cosmo e, quindi, cosmico). Questo punto di vista trovò nel naturalismo materialista democriteo la sua acme e, però, fu seguito dall’intervento platonico (Timeo) che rimproverava i fisiologi, troppo attardatisi nello studio della natura, per aver trascurato la realtà immateriale in cui risiedono le idee. Da qui quel supremo principio, teistico e onnipotente, che Platone chiamò «demiurgo».

IL CREAZIONISMO si collega al concetto platonico di «demiurgo» individuando in un Dio-persona, esterno alla natura, il creatore. E di questa tradizione è padre Agostino di Ippona. Per cui dal binomio essere umano-natura si passa al trinomio Dio-uomo-mondo o natura. Fra le due opzioni filosofiche è necessario aprire una guerra di religione oppure è più ragionevole muoversi nella prospettiva della plausibilità? Ed è possibile cominciare a parlare di ecoappartenenza?

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