L’Italia è ancora piena zeppa di amianto: avevamo introdotto per primi, con la legge 257 del 1992, la messa al bando totale, ma a 25 anni di distanza la sua applicazione fa acqua da tutte le parti. Innanzitutto perché non c’è una mappatura adeguata dei siti, mancano regole univoche (il Parlamento sta tentando la strada di un Testo unico) e poi perché le bonifiche richiedono risorse che non si trovano facilmente. Per la prima volta nel Registro italiano dei tumori Airtum sono state riportate 62 morti tra i docenti di scuola per mesotelioma (il tumore specifico causato dall’amianto): secondo i dati dell’Osservatorio nazionale amianto e di Legambiente sono 2400 le scuole inquinate, con 350 mila tra studenti, insegnanti e personale Ata esposti, a rischio ogni giorno.

SONO 32 MILIONI le tonnellate di amianto ancora sparso in Italia, e secondo l’Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), ogni anno 3 mila persone, otto al giorno, una ogni tre ore, muoiono di mesotelioma pleurico o a causa di uno degli altri dieci tumori asbesto correlati. Il costo sociale, secondo il Fondo nazionale amianto, è di almeno mezzo miliardo di euro l’anno.

L’ULTIMA MAPPATURA completa dei siti da bonificare risale al 2013, ma via via negli anni successivi le Regioni hanno aggiunto nuovi dati, sempre a macchia di leopardo: sono 55 mila in tutto quelli censiti finora secondo il ministero dell’Ambiente, ma si va dalle esperienze virtuose della Sardegna (che è riuscita a mappare tutti gli edifici pubblici) e le buone performance di Lombardia, Toscana ed Emilia, a statistiche quasi del tutto assenti come in Calabria e in Sicilia.

L’emergenza delle scuole è raccontata nel documentario Asbeschoolstop amianto a scuola, della giornalista Stefania Divertito, con la regia di Luca Signorelli: verrà presentato lunedì prossimo nel corso di un convegno organizzato alla Camera dai Cinquestelle, dove interverranno anche rappresentanti dei ministeri dell’Ambiente e della Salute e il magistrato Giordano Bruno, consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni e le malattie professionali. La Commissione, presieduta dalla senatrice Camilla Fabbri (Pd), sta cercando di sintetizzare le 241 diverse leggi che si riferiscono all’amianto in un Testo unico.

LE ASSOCIAZIONI chiedono di ampliare le possibilità di riconoscimento per l’esposizione: diverse categorie professionali oggi non sono incluse. Preoccupano poi i tetti per il riconoscimento dell’esposizione, finora circolati nelle bozze di legge: 100 fibre/litro al giorno in media per dieci anni, ma si fa notare che la malattia può essere indotta anche da esposizioni più basse. Si chiede di rendere strutturali gli incentivi per le bonifiche industriali e private, e di indicare una voce ad hoc per gli interventi negli edifici pubblici (il piano «Scuole sicure» di Renzi ha stanziato risorse, ma difficilmente scorporabili).

IL VIAGGIO DI Divertito e Signorelli per Asbeschool ha portato alla luce diversi casi di inquinamento. «A Bari, ad esempio – spiega la giornalista ambientale – la ex Fibronit è un deposito di amianto a cielo aperto, tra le abitazioni e con ben sette scuole vicino». Alla ex Volta di Roma, a Bravetta, «si è scoperto solo per caso, durante il montaggio delle lavagne elettroniche, che la pavimentazione era tutta spezzettata: linoleum in amianto».

Iti Da Vinci di Firenze: l’Osservatorio amianto ha presentato un esposto per la morte di un professore. Il preside, due anni fa, aveva fatto affiggere nei corridoi un cartello: «Vietato correre, vietato sbattere le porte, vietato affiggere quadri alle pareti». «Perché dietro quelle pareti – spiega Divertito – a 3-5 centimetri di distanza dall’intonaco, c’è l’amianto». A Rosignano, racconta la mamma della piccola Valentina, hanno chiuso e bonificato una materna: la bambina portava a casa delle strane pietre e i genitori si sono allarmati.

«È INCREDIBILE che ancora oggi ci siano studenti esposti all’amianto – commenta il pm torinese Raffaele Guariniello, intervistato in Asbeschool – È un problema che non può essere affrontato caso per caso, per ogni singola scuola. È di portata nazionale: deve farsene carico il governo».