L’ennesima bufera si scatena sull’Atac, la municipalizzata di Roma Capitale che si occupa del trasporto pubblico, una delle aziende di trasporti più grandi d’Europa. Al centro di un fascicolo giudiziario e di un’inchiesta del quotidiano la Repubblica, una truffa che avrebbe fruttato all’incirca 70 milioni di euro l’anno per dieci anni grazie ad una doppia partita nell’emissione dei biglietti, una parte dichiarati una parte clonati.

Un illecito che se fosse confermato di queste dimensioni, avrebbe gravato per gli interessi e l’arricchimento dei pochi sulle spalle della collettività. Al momento infatti Atac vanta un deficit di bilancio di ben 700 milioni di euro, ma pensa di spenderne 118 per una nuova gigantesca sede centrale. Un ammanco che pesa in maniera determinante sulle difficoltà di approvazione del bilancio previsionale del 2013 al momento in discussione in Campidoglio, provocando poi una difficoltà di spesa che si ripercuote sull’efficienza del servizio e sui lavoratori. Sono proprio gli autisti degli autobus della Capitale che negli scorsi giorni si sono mobilitati: senza contratto da sei anni, rischiavano di vedersi tagliato l’adeguamento salariale grazie alla spending review, così sono arrivati fin sotto le finestre del Campidoglio a chiedere a Marino di rispettare le promesse prese in campagna elettorale. Lunedì scorso Piazza Venezia veniva bloccata da circa trecento autisti che raccontavano di «turni di lavoro massacranti e di straordinari di fatto obbligatori. Parentopoli e le ruberie sono state pagate in primis dai lavoratori, in particolare dagli autisti, e poi dai cittadini che non possono usufruire di un servizio pubblico decente. Basti pensare che abbiamo un parco mezzi vecchio almeno di dieci anni». Contestati anche i dirigenti sindacali in piazza e nelle assemblee nelle rimesse considerati «complici» della politica nella gestione dell’azienda, alla fine di un serrato incontro con Marino la forbice della spending review è stata bloccata almeno fino a dicembre.

Assunzioni , manager con stipendi milionari e buone uscite stratosferiche. Questa la così detta parentopoli dell’Atac esplosa sotto Alemanno per cui sono state rimandate a giudizio sette persone, tra cui l’ex assessore all’ambiente Marco Visconti e l’ex ad Adalberto Bertucci, mentre sono stati convocati lo scorso mese a Piazzale Clodio per essere ascoltati lo stesso Gianni Alemanno, Sergio Marchi ex assessore alla Mobilità, e il deputato Vincenzo Piso già rais del Pdl nel Lazio. Si parla di ben 847 assunzioni a chiamata diretta tra ex camerati, cubiste, parenti, uomini vicini a parlamentari e consiglieri, piazzati in ruoli di potere ma non solo, il tutto avvenuto in circa due anni e in un’azienda con circa 12mila dipendenti, più della metà amministrativi mentre nelle strade scarseggiano gli autisti.

La tempesta, che pur non toccando direttamente Marino e la sua giunta scoperchierebbe un sistema solidamente bipartisan, arriva in un momento complesso per l’amministrazione, immobile in attesa di superare lo scoglio del bilancio e con all’ordine del giorno i problemi di gestione economica e la mission delle aziende municipalizzate a cui ancora, ad ormai sei mesi dall’insediamento, il nuovo governo di centrosinistra non è riuscito a mettere mano.
Tutto lo scandalo si configura come l’ennesimo schiaffo in faccia ai cittadini, che dal 23 maggio del 2012 hanno visto il costo del biglietto aumentare di ben il cinquanta percento arrivando ad 1,50 euro, facendo scomparire gli abbonamenti ridotti per giovani e studenti. Una vera beffa alla luce di quello che sta emergendo per i cittadini.