Oggi o al più tardi domani mattina dovrebbe svolgersi l’incontro tra la sindaca di Roma Virginia Raggi e il ministro degli Interni Marco Minniti sull’emergenza sgomberi, ma nel frattempo al Viminale comincia a prendere forma la nuova strategia per evitare che in futuro possano ripetersi scene come quelle viste la scorsa settimana nella capitale con lo sgombero dei rifugiati eritrei dallo stabile di via Curtatone. Ieri il capo di gabinetto Mario Morcone ha presieduto una riunione tecnica per fissare le nuove linee guida alle quali dovranno attenersi i prefetti prima di procedere agli sgomberi di edifici occupati. L’indicazione è quella di non prendere iniziative senza che prima siano state individuate sistemazioni alternative dove alloggiare gli occupanti, sistemazioni che al ministero degli Interni non escludono possano essere reperite anche tra i numerosi beni sequestrati alla criminalità organizzata. Al momento ne sono state individuate circa 600 nelle principali città, da impiegare come alloggio non solo per i migranti sfrattati ma per tutte le situazioni di precarietà. Una soluzione che Morcone discuterà oggi con la segretaria generale dell’Anci, l’associazione dei Comuni, Veronica Nicotra in attesa dell’incontro che si terrà la prossima settimana tra Minniti e il presidente dell’Anci Antonio Decaro. «Sono tantissime le persone che nelle città italiane chiedono alloggi dove vivere – ha spiegato la rappresentante dell’Anci – e quindi è urgente sapere quali sono gli immobili disponibili». «Rimane il principio – ha ricordato invece il prefetto Morcone – di dare mandato ai prefetti e ai sindaci di individuare le strutture che possano tamponare le emergenze abitative nelle grandi città».

Secondo un censimento realizzato nel 2015 dall’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati sono più di 17 mila gli immobili e le aziende sequestrate alle mafie, 9.310 dei quali già destinati, 7.955 in gestione e 312 usciti di gestione. Di questi 1.170 si trovano nel Lazio, 1.266 in Lombardia e 2.582 in Campania, le tre regioni nelle quali si trovano anche le città, Roma, Milano e Napoli, in cui l’emergenza casa è più forte.

L’ipotesi di trasformare parte di questi beni in altrettanti luoghi dove ospitare i senza casa trova d’accordo don Luigi Ciotti. «Credo che sia importante valutare anche questa possibilità, che è già stata attuata in diversi comuni in Italia, di fronte alle esigenze abitative e alla storia di tante persone che vivono in una condizione di fragilità» ha spiegato il fondatore di Libera a Radio Vaticana. «Già nel 2015 il ministero per le Infrastrutture aveva stanziato una quota proprio per la sistemazione, per mettere in grado le realtà locali di poter usufruire di beni confiscati per offrire opportunità abitative alle persone in difficoltà».

Favorevole all’ipotesi anche il presidente dell’Anci e sindaco di Bari Antonio Decaro, che sottolinea però la necessità che il governo stanzi finanziamenti per l’adeguamento degli stabili confiscati. Ieri Decaro ha chiesto l’istituzione di «un doppio fondo, uno per pagare gli investimenti nella ristrutturazione e un altro per pagare mensilmente i dormitori. In questo modo si aiuterebbero i Comuni a non avere tensioni sociali sulla casa». E sempre a proposito di fondi la regione Lazio ha fatto sapere di aver sovvenzionato con 40 milioni di euro – sulla base di una convenzione con Roma Capitale – progetti per trovare alloggi da destinare all’emergenza abitativa, anche acquisendo, restaurando o recuperando «immobili pubblici o privati disponibili sul mercato». I soldi – ha rimarcato la regione – sono stati stanziati il 31 maggio scorso con una delibera di giunta senza però ottenere riscontri da parte del Campidoglio.