Della legge elettorale parleremo altrove, ma intanto è bene ricordare che i partiti – maggioranza e opposizione – si stanno attualmente dividendo attorno alla questione della soglia di sbarramento. Nella proposta all’esame della camera questa soglia è fissata al 5% e c’è chi la considera, con buone ragioni, eccessiva. Ma è solo la soglia «esplicita», quella che è scritta nella legge. Assai più alta è la soglia «implicita», quella che concretamente le liste dovranno raggiungere per sperare di avere un eletto, questo proprio perché gli eletti nel collegio sono molto pochi.
Ancora una volta dunque il problema si pone soprattutto al senato. Per esempio, in Liguria dove si eleggeranno, se il taglio sarà approvato, solo cinque senatori, superare il 5% non servirà a niente, visto che la soglia «implicita» sarà di oltre il doppio (circa il 12,5%). La Basilicata con i suoi tre senatori soltanto vedrà all’opera una soglia effettiva di quasi il 20%: raggiungibile secondo gli attuali sondaggi soltanto da due partiti. Il problema, attenuato, si pone anche alla camera.
Al senato è più pesante perché si aggiunge la previsione costituzionale in base alla quale la camera «alta» deve essere eletta su base regionale. Questo vuol dire che un partito per conquistare rappresentanti sul territorio deve superare entrambi gli sbarramenti a livello regionale, quello legale e quello «naturale» (il secondo è di regola più alto del primo).
A questo secondo problema si sta cercando di porre rimedio con una riforma costituzionale appena all’inizio dell’iter parlamentare: cancellerebbe la base regionale per l’elezione del senato, introducendo come per la camera la base circoscrizionale. Resta il problema che partiti piccoli, quando sul territorio si eleggono pochissimi rappresentanti, sono condannati a restare fuori.