I big sono scesi tutti in campo: Gentiloni, Calenda, un ritrovato Veltroni. Tutti, tranne l’ex segretario Matteo Renzi tenuto prudentemente alla larga dai comizi finali perché ritenuto troppo divisivo. Soprattutto nei ballottaggi dove i candidati dem devono obbligatoriamente recuperare i voti di tutta la sinistra.

È SOPRATTUTTO IL PD a scommettere sul turno delle amministrative di domani. Sono tre milioni gli elettori richiamati alle urne in 76 comuni superiori ai 15 mila abitanti, compreso il popoloso Municipio III di Roma, dove l’ex assessore di Marino Giovanno Caudo prova a battere Bova, di centrodestra (nell’altro municipio al voto, l’VIII, ha già vinto il candidato di centrosinistra Ciaccheri).

Tra tutti i 111 comuni superiori ai 15mila abitanti di quest’ultima tornata solo 35 hanno già eletto il loro sindaco al primo turno. In 43 delle 76 sfide il ballottaggio è fra centrodestra e centrosinistra, con i 5 stelle a fare l’ago della bilancia. Ma uno studio dell’Istituto Cattaneo certifica che la situazione della vigilia è ad alto tasso di incertezza, con i voti dei 5 stelle, perlopiù liberi dai ballottaggi, a deciderne l’esito.

Il Pd però scommette sul risultato. Qualche vittoria potrebbe, simbolicamente ma anche in concreto, rianimare l’umore del Nazareno dopo la batosta del 4 marzo. E arginare in Toscana e in Emilia Romagna l’irresistibile crollo delle regioni rosse.

L’UMBRIA È GIÀ TRAVOLTA: a Terni il ballottaggio si combatte tra il candidato del centrodestra Leonardo Latini, leghista e favoritissimo, e quello del M5S Thomas De Luca. «La sinistra e il Pd non sono più padroni a Siena, a Pisa e nemmeno in tutta la Toscana», ha detto ieri il ministro Salvini dalla città del Palio, nella giornata dell’ultimo forsennato tour elettorale toscano. A Gentiloni che lo critica per il suo attivismo da leader politico: «Forse non sa che esistono i telefoni, la rete; dalle 7 di mattina sono in contatto con gli uffici, per me fare il ministro è stare tra la gente».

La Lega, con i sondaggi che la danno ormai primo partito sopra i 5 stelle, prova a portare a casa i primissimi frutti della propaganda salviniana. Ma Siena, Pisa, Massa, Ancona e Imola le città più attenzionate dal Nazareno. «Mi aspetto un segnale di ripresa», prevede il renziano presidente dei senatori dem Andrea Marcucci. «Dai ballottaggi partirà la buona riscossa del centrosinistra», secondo Carlo Calenda. Più cauto il reggente Maurizio Martina: «Massimo impegno politico, zero polemiche interne», è il mantra degli scorsi giorni. «Centrosinistra e liste civiche possono fare un buon risultato contro gli estremisti ed è importante ripartire dal basso per cambiare e rilanciare l’impegno del Pd».

DOMENICA MARTINA SI GIOCA anche una sua personale partita. Dopo i ballottaggi, con ogni probabilità il 7 luglio, la nuova assemblea nazionale lo eleggerà segretario. La decisione, ancora non ufficializzata dal Nazareno, sarebbe arrivata per assenza di altri aspiranti all’alto soglio: né l’ex premier Gentiloni né il presidente dei deputati Delrio sono disponibili.

Di congresso si riparlerà nel 2019, quando Renzi – forse – avrà deciso di fare effettivamente un passo indietro dalla prima fila dem. Nel frattempo Martina, da nuovo segretario, come prima cosa cercherà di imprimere un’accelerata alla riunificazione del vecchio centrosinistra, ormai malconcio e ridimensionato ai banchi dell’opposizione. Innanzitutto riaprendo il dialogo con gli ex di Articolo 1. «Di fronte alla deriva di questa destra invito a sostenere tutti i candidati espressione del civismo, dei movimenti democratici e progressisti e di centrosinistra», è l’ultimo appello di Roberto Speranza.
In realtà però sono stati rari i casi di apparentamento per il secondo turno. A Siena il candidato del Pd Valentini, uscente, ha siglato l’accordo con la lista dell’ex sindaco ed ex Ds Piccini. A Pisa invece il risultato del dem Michele Serfogli resta in bilico anche per la forte freddezza che suscita dal lato sinistro. E per la campagna senza tregua della Lega in città.

DIVERSA LA SITUAZIONE di Ancona dove la candidata Valeria Mancinelli, forte di un piazzamento che sfiora il 48% contro il 28 del rivale di centrodestra Tombolini, sente di avere la vittoria in tasca. Per questo non ha cercato nessun accordo con la lista della sinistra di Francesco Rubini (Altra idea di città, con il suo 6,5%).

«SIAMO ALTERNATIVI a Tombolini», è il massimo di endorsement che è arrivato da parte di Rubini. Anche se buona parte dei suoi sostenitori annuncia apertamente di votare per Mancinelli, come lo storico comunista anconetano Paolo Guerrini («Domenica qualcuno andrà al mare? Anche io, ma dopo aver votato per Valeria»).
Anche Imola è fra le città che fanno ben sperare i dem: il ballottaggio sarà fra la candidata del centrosinistra Cappello, che parte dal 42%, e quella M5s Sangiorgi, ferma al 29,2.