«Più pannelli solari, meno dipendenza dal petrolio. Il Piano nazionale integrato per l’Energia e il Clima è un modello per il resto d’Europa», così scrivevano il 9 gennaio il sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico, Davide Crippa, e l’eurodeputato 5S Dario Tamburrano sul blog di Beppe Grillo.

IL GOVERNO HA PRESENTATO a Bruxelles la bozza del piano, che vedrà poi la stesura definitiva a dicembre 2019, dopo un anno di rodaggio. Il governo finora ha deluso gli ambientalisti: l’ultima polemica è stata sulle trivellazioni in Adriatico ma in precedenza ci sono state le critiche sull’utilizzo dei fanghi come concimi e sui condoni edilizi. Con il piano stilato dal Mise, retto dal capo politico dei 5S Di Maio, la comunicazione pentastellata si è messa al lavoro per riconquistare terreno, anche perché al testo hanno lavorato altri due ministeri targati 5S, quello dell’Ambiente e dei Trasporti.

Con il fondatore Grillo (nonostante la distanza dalla linea Di Maio) a benedire l’atto, Crippa e Tamburrano hanno presentato gli obiettivi: «Produzione di energia da Fonti rinnovabili (Fer) pari al 30%, in linea con gli obiettivi Ue. Facciamo meglio sui consumi di energia nei trasporti: l’Unione europea prevedeva una quota minima di energia da Fer del 14%, noi abbiamo alzato il tiro al 21,6%». E ancora: «Il piano prevede una riduzione dei consumi di energia primaria del 43%, a fronte di un obiettivo Ue del 32,5%. Riduciamo, inoltre, i gas serra del 33%, nonostante Bruxelles abbia stabilito una diminuzione del 30%».

OGNI FASE DEL PIANO è sottoposta alla Valutazione strategica del ministero dell’Ambiente. I Verdi non sono soddisfatti e ieri Angelo Bonelli ha diffuso una nota molto critica: «È peggio di quello che aveva fatto l’ex ministro Carlo Calenda con la “Strategia energetica nazionale”. Diminuiscono i target per le rinnovabili, si bluffa sui dati di riduzione dei consumi energetici e cala l’obiettivo di ridurre le emissioni gas serra per fermare l’innalzamento climatico a 2 gradi centigradi, come prevedono gli accordi Onu di Parigi». In particolare, Bonelli contesta: «Si prevede un target sulle rinnovabili al 30%, inferiore al limite europeo del 32%, e un minore sviluppo dell’energia solare rispetto alla Sen di Calenda: 50 gigawatt Di Maio, 55 Calenda».

MALE ANCHE I TRASPORTI: «Il piano – prosegue Bonelli – prevede quasi 6 milioni di veicoli ad alimentazione elettrica, circa 1,6 milioni elettrici puri, ma questi numeri non sono supportati da politiche e coperture economiche. Nell’ultima legge di bilancio è stata approvata una norma sperimentale per il finanziamento di auto ibride che, dato lo stanziamento, consentirà l’immatricolazione di sole 10mila auto l’anno». E sul gas: «Non solo c’è la Tap, con 20 miliardi di metri cubi, ma anche il gasdotto Eastmed, caro a Matteo Salvini, che sfrutterà il giacimento di fronte Israele e Cipro. Si arriva a una riduzione delle emissioni nazionali di gas serra del 37% (inferiore di quello medio fissato a livello europeo al 40%) che non rispetta gli accordi di Parigi».

CRITICA ANCHE LEGAMBIENTE con il vicepresidente Edoardo Zanchini: «Il piano è strutturato per rientrare negli obiettivi minimi che chiede l’Europa ma è molto meno ambizioso, ad esempio, di quanto dichiarato nel contratto di governo, dove promettevano di fare meglio di Calenda. Invece il Piano prende i target Sen e li adegua alla Commissione Ue. Ma ci vuole uno sforzo molto maggiore per rispettare gli accordi di Parigi».

NON SOLO, SAREBBERO inadeguati gli obiettivi ma anche gli strumenti per ottenerli: «Per le energie rinnovabili – prosegue Zanchini – non ci sono incentivi e neppure un piano per permettere gli scambi energetici, ad esempio tra condomini, saltando le grandi Utility del settore. Il ministro Toninelli non prevede nulla per far crescere il trasporto su ferro in modo da tagliare i consumi di petrolio. Niente sull’edilizia per ridurre il gas da riscaldamento, gli unici fondi per le riqualificazioni sono avanzati dal governo precedente e incidono pochissimo».

Per concludere: «Finora non hanno ascoltato nessuno, adesso hanno un anno di tempo per il testo definitivo, convocassero le parti. Noi lo faremo e a novembre presenteremo il nostro contropiano». Dal ministero dell’Ambiente trapela che il testo è considerato un primo step operativo, con i mezzi e le risorse economiche attualmente presenti, ma l’obiettivo è strutturare target più ambiziosi in vista della revisione del piano, prevista nel 2024.