Prima l’anatema di Di Maio, poi i rimbrotti di Pina Aiello, la testimone di giustizia eletta col M5s, quindi, addirittura, la lettera di licenziamento che gli ha preannunciato a mezzo stampa Michele Giarrusso, il senatore pentastellato che gli aveva fatto un contratto di consulenza a palazzo Madama.

È un prezzo salatissimo quello che il M5s sta facendo pagare a Maurizio Pascucci. Al candidato sindaco di Corleone i vertici del movimento contestano la foto che lo ritrae con il marito di una nipote del capomafia Bernardo Provenzano, e l’idea che si possa aprire un dialogo con i parenti dei mafiosi che prendono le distanze dai congiunti. Così Pascucci, dato in vantaggio sui due rivali, d’un tratto è passato dalle stelle alle stalle. Da esponente dell’antimafia, quella dell’impegno civile con Libera, con l’Arci e con la Fondazione Caponnetto, a candidato che apre ai familiari dei mafiosi. E dove? Proprio a Corleone, città che non riesce a liberarsi della pessima fama legata a capimafia del calibro di Totò Riiina E Binnu Provenzano. E che due anni fa fu commissariata per infiltrazioni mafiose in comune. Eppure proprio i parlamentari Aiello e Giarrusso, che fanno parte della commissione Antimafia, sapevano. Sapevano di quell’idea, definita malsana dal vice premier, di aprire un canale con chi porta un cognome scomodo. Era il 18 novembre. Pascucci si trovava a una iniziativa elettorale: con lui Pina Aiello e Michele Giarrusso.

Pascucci, cosa disse in quell’occasione?
Feci la riflessione che è opportuno recuperare i familiari dei mafiosi che non hanno commesso reati e di non isolare chi porta un cognome pesante ma prende le distanze dalle azioni criminali del congiunto.

Quale fu la reazione di Aiello e Giarrusso?
Al termine del discorso applaudirono

Ma poi le dissero che sarebbe stato meglio se non avesse pronunciato quelle parole?
No, dopo non obiettarono alcunché. Né mi dissero di non condividere il mio pensiero.

Eppure Aiello, appresa la reazione di Di Maio, ha detto che «con queste persone il dialogo non può e non deve essere aperto».
I parenti dei mafiosi non sono condannati a vita, possono trovare un percorso che indichi che non hanno nulla a che fare con chi ha commesso dei reati. Spesso c’è stato un giudizio eccessivo nei loro confronti. Fare il sindaco vuol dire aprire un dialogo con massima attenzione e rigidità, senza ambiguità e furberie.

Si pente di avere pubblicato quella foto?
Chiedo scusa al M5s, ai cittadini e alle associazioni antimafia. Il mio messaggio è stato interpretato male.

Anche da Di Maio?
Io i voti della mafia non li voglio, l’ho detto al comizio e lo ripeto.

È vero che la scelta di fare quella foto e di lanciare quel messaggio è stata presa di comune accordo col deputato Chiazzese e gli altri candidati della lista?
Sì, abbiamo condiviso questo percorso.

Vi siete sentiti col vice premier?
No.

Ha pensato di ritirarsi?
Mi è stato chiesto in quei momenti concitati e ho detto che non la escludevo, ma qualsiasi decisione andava assunta con il meetup.

Sono stati i suoi a convincerla di rimanere in corsa?
C’è stata una riflessione, abbiamo scelto di andare avanti.

Di Maio è stato netto: nessuno degli eventuali eletti avrà il simbolo del M5s.
Sarà il M5s a decidere.