In Germania fin dagli anni cinquanta Karlsruhe è conosciuta come «la Città del Diritto» in quanto ospita le sedi della Corte Costituzionale Federale e della Corte di Giustizia Federale.
E per questa cittadina di 300.000 abitanti del land Baden-Wuttemberg sembrano incrociarsi, a settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, il passato e il presente dell’Europa sia nella sua memoria storica di continente lacerato dal conflitto contro il nazifascismo sia nella sua prospettiva di unità politica futura.

A febbraio 2014 la Corte Costituzionale Federale aveva rinviato alla Corte Europea il giudizio sulla legittimità dell’Outright Monetary Transaction (Omt) il piano d’intervento straordinario di acquisto di titoli di Stato di paesi in difficoltà che il governatore della Bce Mario Draghi, osteggiato dal «falchi» della Bundesbank con a capo Jens Weidmann, aveva prospettato nel 2012 in piena crisi dell’eurozona. Una scelta che affondando le mani nel presente ha permesso di contenere la «tempesta perfetta», mantenere in piedi la moneta unica e offrire, in ultima istanza, ancora una possibilità al futuro progetto di unità politico-economica continentale.
Ieri la Corte di Giustizia Federale le mani le ha affondate nel passato prossimo dell’Europa, quello dell’occupazione nazista e delle stragi di civili, ed ha annullato la decisione della procura generale di Stoccarda che nel maggio 2013 aveva disposto l’archiviazione del procedimento per la strage nazista di Sant’Anna di Stazzema del 12 agosto 1944 che provocò 560 morti.

Il processo in Germania si riaprirà ad Amburgo dove sono stati trasmessi gli atti a causa della presenza in quella città di uno degli imputati, Gherard Sommer, mentre in Italia la vicenda giudiziaria si era conclusa nel 2005 con la condanna definitiva di dieci membri delle Schutzstaffeln (SS) tedesche.

La storia molto prima delle sentenze dei tribunali si era premurata di scrivere pagine fondamentali su quelle vicende, sulla loro natura e sulla loro eredità collettiva e memoriale nonché sui motivi, prevalentemente legati alla «ragion di Stato» e agli equilibri geopolitici della Guerra Fredda, dei mancati processi ai criminali di guerra tedeschi e italiani.
Ora a fianco ad una sfera giuridica a cui rimane comunque il compito dovuto di consegnare una sentenza, altra cosa sarebbe stata la giustizia da perseguire nell’immediato dopoguerra con altri effetti politici, è la lettura che un fatto del genere proietta nel presente ad interrogare i contemporanei.

E così nel suo continuo ondeggiare tra passato e presente la Germania sembra di nuovo divenire specchio della condizione di un continente investito dalla crisi economica e da una complessa transizione caratterizzata dalle tendenze a un rigido assetto monetarista e dalla riemersione di fenomeni xenofobi e di estrema destra alimentati proprio politica dell’austerità. Un’Europa però legata nello stesso tempo alla necessità irrinunciabile di determinare una coesione politica basata su una ricostruzione unitaria, non necessariamente condivisa, della sua storia.

Così, rifuggendo dalla tentazione di utilizzare come una clava il debito della Germania con la storia, recente è la polemica sui risarcimenti di guerra rivendicati dalla Grecia durante la somministrazione della «cura economica» della Troika ad Atene, allo stesso tempo la declinazione del presente dovrebbe indicare alla Germania una linea di ridefinizione del proprio ruolo scevro dagli spettri del passato imperiale del Reich.
In questo senso un tratto unico e unitario della storia del continente, in grado cioè di segnarne un profilo identitario riconosciuto e riconoscibile è rappresentato dall’antifascismo e dalla guerra contro la Germania hitleriana e l’Italia di Mussolini. Un’istanza di carattere internazionale che divenuta movimento reale percorse trasversalmente tutte le società europee sostituendo il paradigma nazionalista e della fedeltà fideistica alla patria, fosse anche quella nazista, con quello valoriale che poneva i diritti delle persone e dei popoli al di sopra del primato dell’identità nazionale. Ogni partigiano, antifascista o antinazista europeo si batté contro la propria patria non per determinarne la morte, come in tempi di revisionismo prepotente si prova a dire oggi, ma per rifondarla su nuovi valori. Proprio nel ferro e nel fuoco di quella grande e drammatica storia nacque nel confino fascista di Ventotene l’idea stessa dell’Europa unita

La «Città del Diritto» non restituisce solo un processo da fare e non relega la sua attenzione alla sfera privata dei parenti delle vittime.

La decisione di riaprire il procedimento ad Amburgo offre, di nuovo, l’occasione di fare i conti con la storia, di riaprire gli armadi della vergogna per guardarci dentro, conoscere da dove veniamo e capire dove si vuole andare.

In questo modo, utilizzando l’eredità del passato come leva dell’azione del presente e non come retorica celebrativa è possibile rendere giustizia ai morti di Sant’Anna di Stazzema e delle tante altre stragi nazifasciste perpetrate in Italia e nel resto Europa.