Il commissario straordinario Figliuolo aveva previsto di somministrare 2,2 milioni di dosi nella settimana compresa tra il 16 e il 22 aprile, con una media di 315 mila vaccinazioni giornaliere. Per la prima volta da quando si è insediato, l’impegno del generale potrebbe essere mantenuto o quasi. Dal 16 al 20 aprile (ultimi dati disponibili al momento in cui questo giornale va in stampa) la media giornaliera di vaccinazioni in questo periodo è stata di 311 mila somministrazioni, di poco al di sotto dell’obiettivo di Figliuolo. La campagna ha scontato anche il ritardo nella somministrazione dell’ultimo vaccino autorizzato dall’Ue, quello targato Johnson&Johnson. Quando infatti la Food and Drug Administration ha interrotto la distribuzione negli Usa, inducendo l’azienda a bloccarla anche in Europa, 184 mila dosi del vaccino erano già immagazzinate al deposito nazionale di Pratica di Mare e solo oggi è iniziata la sua distribuzione verso i centri vaccinali.

DATO ATTO AL COMMISSARIO di aver (quasi) mantenuto il ritmo previsto, non si può non ricordare che, al suo insediamento, il piano prevedeva di toccare i 20 milioni di somministrazioni entro il 20 aprile, con un ritmo giornaliero di mezzo milione di inoculazioni al giorno. Invece, le vaccinazioni eseguite finora sono meno di 16 milioni, 4 in meno del previsto. Anche per giustificare questo scostamento Figliuolo ha molti alibi indipendenti dal suo operato: le dosi arrivate in Italia sono 17,8 milioni, quindi anche iniettandole tutte sarebbe stato impossibile rispettare la tabella di marcia.

A mancare è stato soprattutto il vaccino AstraZeneca: secondo i contratti firmati dovevano arrivarne 5,4 milioni entro il 31 marzo, mentre quasi un mese dopo ne sono state consegnate poco più di 4 milioni. I produttori dei vaccini a Rna (Pfizer e Moderna), con rispettivamente 11,7 e 1,7 milioni di dosi consegnate stanno invece onorando i contratti. Per quanto riguarda il vaccino J&J è ancora presto per valutare la regolarità degli approvvigionamenti. Ma tra i ritardi nella produzione e lo stop-and-go legato alle trombosi, le cose non sono iniziate benissimo.

PER I VACCINI A VETTORE VIRALE (AstraZeneca e J&J) potrebbe presentarsi paradossalmente un problema di sovrabbondanza. I due vaccini, simili per tecnologia e per profilo di sicurezza (entrambi hanno dato vita a rarissimi casi di trombosi in persone giovani), sono stati riservati a chi ha più di 60 anni, al personale scolastico e alle forze armate. Queste categorie includono circa 20 milioni di persone, dei quali sei hanno ricevuto la prima dose e tre anche la seconda. Rimangono da vaccinare interamente circa 14 milioni di persone, più 3 in attesa del richiamo. Le dosi prenotate per questa platea ammontano attualmente a 36 milioni di dosi AstraZeneca e 26 milioni di monodose J&J, sufficienti a vaccinare 44 milioni di persone.

Questo porrà il problema di cosa fare delle dosi in più. Dovessero arrivare tutte, non sarebbero utili nemmeno per i richiami. Si tratta di vettori basati su adenovirus, e potrebbero scontrarsi con l’immunità contro lo stesso vaccino dopo la prima tornata di somministrazioni. Sarebbe scandaloso se gran parte dell’umanità rimanesse senza vaccini e in Europa avessimo il problema di doverli smaltire.

SECONDO I CONTRATTI attuali, per vaccinare i restanti 40 milioni di italiani sotto i 60 anni dovremmo comunque contare su oltre 110 milioni di dosi di vaccini a Rna (anche CureVac, oltre Pfizer e Moderna) attesi entro il 2021. Su base mensile fanno circa 15 milioni di dosi, mezzo milione al giorno: proprio il numero di somministrazioni promesse dal generale Figliuolo. Che dunque non potrà nascondersi a lungo dietro l’alibi delle forniture mancate o del cambio di destinazione dei vaccini per ragioni di sicurezza. Il piano vaccini dovrà procedere come promesso o il fallimento del governo dei «migliori» ricadrà su tutti noi.