Manifestazioni così a Milano non se ne vedevano da un bel po’ di tempo. Per i numeri, è stato un corteo enorme, e per la composizione, un mosaico di età e provenienze politiche e geografiche. Attorno alle 17 piazza Duomo si è riempita, e mettiamoci dentro anche la quota di turisti e passanti del sabato pomeriggio per essere scrupolosi, ma il flusso di persone nel chilometro e mezzo che separa largo Cairoli, da dove il corteo è partito, a piazza Duomo, non si è interrotto per due ore.

«Siamo oltre 50 mila» diranno gli organizzatori di Milano Antifascista Antirazzista Meticcia e Solidale. Una partecipazione andata oltre le loro aspettative e oltre l’appartenenza alle tante sigle e associazioni che avevano dato la propria adesione: dai partiti di sinistra a sinistra del Pd, che non ha aderito alla manifestazione anche se suoi iscritti e simpatizzanti c’erano, ai collettivi studenteschi che in queste settimane stanno occupando le scuole, ai circoli Anpi, Arci, i sindacati di base, decine di associazioni, i centri sociali.

Ma appunto, a fare la differenza è stata l’eterogeneità delle tantissime persone presenti tenute insieme dal ripudio della guerra. Ad aprire il corteo un lunghissimo striscione fatto di tante bandiere della pace cucite insieme e poi la scritta su un altro striscione: «Milano contro la guerra». Ci sono tanti giovani e sparsi lungo tutto il corteo, dalla testa alla coda. «Finanziate il futuro non le guerre» ha scritto una ragazza su un cartello di cartone. Un’altra: «la guerra non restaura i diritti, ridefinisce i poteri». È il pezzo di corteo vicino alla testa dove ci sono il centro sociale Cantiere, l’ong Mediterranea Saving Humans, Memoria Antifascista. E poi Rifondazione Comunista, Potere al Popolo, Emergency con decine di bandiere. «No alle guerre sulla nostra pelle» cantano gli studenti di Studenti Tsunami e Mutuo Soccorso Milano. «Né con la Nato né con la Russia» è scritto su uno striscione sorretto da alcuni ragazzi e ragazze.

Il messaggio ai governati di questa parte di corteo è chiara: no ai bombardamenti, no alla guerra di Putin, ma no anche all’allargamento della Nato. Poco più indietro un signore dice che «bisogna capire come si è arrivati a questo punto, quali sono state le condizioni che hanno portato Putin a scatenare questa folle guerra». Qualcun altro le ragioni le ha ben chiare: «Putin è un assassino imperialista, stop».

Tra i più giovani l’analisi geopolitica di passato, presente e futuro dei rapporti tra Russia, Usa, Europa e Nato si infrange sullo shock della loro prima guerra vissuta in diretta. «Stavamo uscendo dall’emergenza Covid e siamo finiti dentro l’emergenza guerra». Alcuni tra loro hanno amici ucraini o russi, tutti vedono i video condivisi sui social da chi sta vivendo sotto le bombe.
«È terribile. Ma cosa ci stanno a fare governi e diplomatici se non riescono a trovare compromessi?» dice una ragazza. Ci sono anche gli attivisti per il clima di Fridays For Future Milano. «Putin noi lo criticavamo già da prima perché vende il 40% del gas che arriva in Italia. Dobbiamo mollare le fonti fossili che sono il simbolo di una società fossile che noi combattiamo». Qualche ragazza ha dipinto la bandiera giallo azzurra dell’Ucraina sul volto. «Stand with Ukraine» ha scritto una di loro su un cartello. «Putin get off» è scritto su un altro cartello ancora. Sfilano anche gli anarchici del Ponte della Ghisolfa dietro allo striscione «noi contro tutte le guerre, tutte le guerre contro di noi».

Ultimi ad entrare in piazza Duomo sono gli ucraini che vivono e lavorano a Milano. Urlano «libertà, libertà», buona parte di loro chiede l’intervento della Nato per fermare le bombe russe: «le sanzioni non bastano» dicono. Forse anche per questo sono un po’ defilati rispetto alla massa dei manifestanti. I loro occhi diventano lucidi, preoccupati ma non rassegnati quando raccontano dei parenti o degli amici rimasti in patria. «Putin non si fermerà, serve un intervento più forte dell’Europa o della Nato».
Con loro ci sono anche ragazzi e ragazze bielorussi e russi. Non è difficile incrociarli nelle università o negli uffici milanesi, oggi alcuni di loro hanno voluto esserci per dire che «non tutti i russi stanno con Putin».