Ma il problema della rappresentanza è anche un altro e riguarda i territori. Perché diminuendo notevolmente il numero degli eletti a livello nazionale, meno 230 deputati e meno 115 senatori come detto, diminuisce ovviamente quello dei rappresentanti dei singoli territori. Fino a diventare un numero esiguo, questo è vero soprattutto al senato.
Con 196 senatori (quattro sono destinati a essere eletti all’estero) da distribuire nelle venti regioni – confermate le «quote minime» di un senatore in Valle d’Aosta e due in Molise – il taglio sarà pesante dappertutto. Ma non ugualmente pesante. Per esempio la Toscana perderà sei senatori (da 18 a 12), con un taglio del 33,3%. Sotto la media nazionale, che è del 36,5%. Più penalizzato il Friuli Venezia Giulia, che subirà un taglio del 42,9%, stessa percentuale dell’Abruzzo (entrambe le regioni passeranno da 7 a 4 senatori). Male anche la Calabria, con meno 40% (da 10 a 6 senatori).
Ma soprattutto a essere penalizzate saranno l’Umbria e la Basilicata, che passeranno da 7 a 3 senatori, per entrambe meno 57,1%. Un abisso paragonato al Trentino Alto Adige, che – per via delle due province autonome alle quali è stato garantito un numero uguale di senatori – perderà in totale appena un seggio, scontando una diminuzione della rappresentanza parecchio sotto la media nazionale: meno 14,3%.
Il risultato di questa distribuzione è la fotografia di un’Italia diseguale, dove in Trentino Alto Adige in media ci sarà un seggio elettivo per il senato ogni 171mila abitanti. E in Sardegna un seggio elettivo ogni 328mila abitanti, vale a dire quasi il doppio. Naturalmente questo ha effetti anche sulla rappresentanza politica, penalizzando le liste meno forti, oltre che sulla rappresentanza territoriale.
Come cercheremo di spiegare nella prossima scheda.