«Gilet gialli, non mollate!»: l’appello barricadero di Luigi Di Maio ai contestatori francesi ha risonanze nelle tattiche in chiave europea e serve a smuovere le acque sul piano nazionale. Le carte delle alleanze verso Bruxelles del M5S sono coperte. Vige la regole del silenzio, nell’attesa del manifesto programmatico che lo stesso Di Maio dovrebbe lanciare nelle prossime settimane. Questa scelta di ammantare di mistero le aspirazioni della prima forza politica italiana è quantomeno curiosa, eppure è stata ribadita qualche giorno fa dal vicepresidente del parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo: «Non possiamo rivelare nulla», ha risposto a chi gli chiedeva che tipo di alleanza i grillini intendono costruire su scala continentale.

Ieri però Di Maio ha fatto le prime mosse. Prima ha diffuso il testo di appoggio al movimento francese: «Una nuova Europa sta nascendo – afferma – Quella dei gilet gialli, quella dei movimenti, quella della democrazia diretta. È una dura battaglia che possiamo combattere insieme». Poi ha esplicitato la prospettiva del suo endorsement diffondendo una foto che lo vede accanto ai vertici del M5S, per una riunione convocata proprio in vista delle elezioni di maggio. Al tavolo con il vicepremier e «capo politico» grillino ci sono Davide Casaleggio, gran cerimoniere del portale Rousseau, i cui servigi Di Maio ha offerto ai gilet gialli francesi. C’è anche il redivivo Alessandro Di Battista, che a scanso di clamorosi colpi di scena non si candiderà ma parteciperà attivamente a una campagna elettorale che nel M5S evidentemente intendono già cominciata. Poi si intravedono due figure decisive del cerchio magico grillino.

Uno è Pietro Dettori, che fino alla scorsa legislatura lavorava alla Casaleggio Associati e che poi è stato catapultato direttamente a Roma per seguire le faccende del governo. L’altro è il capo della segreteria di Di Maio (ed ex compagno di scuola dai tempi di Pomigliano) Dario De Falco. Infine, al tavolo ci sono i due capi della comunicazione: Rocco Casalino, oggi portavoce di Conte, e Silvia Virgulti. Tutti insieme, dice Di Maio postando la foto, sono «al lavoro per rivoluzionare l’Europa». Dentro al M5S traspare inquietudine per le candidature. Di Maio vorrebbe rafforzare le liste paracadutando personaggi illustri. Gli europarlamentari uscenti, e sopravvissuti a rotture ed epurazioni e alla mai digerita alleanza con la destra di Nigel Farage, pare non gradiscano.

Di Maio parla di Europa e di sommovimenti d’Oltralpe ma ha anche bisogno di riposizionarsi in Italia, per ritrovare lo spirito anti-establishment che ha fatto la fortuna dei 5S. I suoi messaggi, a cominciare da quello di fine anno sul taglio degli stipendi ai parlamentari, confermano un cambio di passo comunicativo. Si vedrà se basterà a riconquistare il favore dei sondaggi, ma per il momento la tattica pare funzionare nei confronti dell’alleato. Per una volta i ruoli dentro alla coalizione gialloverde sono ribaltati: Salvini si trova a inseguire Di Maio.

Parlando dei gilet gialli, il ministro dell’interno sa bene di avere appena approvato, proprio con M5S, il reato di blocco stradale dentro al pacchetto sicurezza, misura che pare negare alla radice la sostanza delle mobilitazioni dei gilet gialli francesi. Eppure non si sottrae alla sfida lanciata dal grillino, ed esprime «sostegno ai cittadini perbene che protestano contro un presidente che governa contro il suo popolo» e al contempo «assoluta, ferma e totale condanna di ogni episodio di violenza».

Del resto, lo stesso Di Maio si trova al vertice di un M5S che è riuscito in quasi dieci anni di storia a evitare chirurgicamente qualsiasi manifestazione di piazza che non fosse un comizio: nulla di più di lontano dal fenomeno, complesso e contradditorio ma di certo non limitato alla sfera virtuale, dei gilet. Ecco perché ci tiene a prendere le distanze dagli scontri di piazza: «Anche noi condanniamo con forza chi ha causato violenze, ma sappiamo bene che il vostro movimento è pacifico».