II prossimi mesi con le regionali di primavera ci diranno se siamo effettivamente di fronte ad un cambio di fase nello scenario politico italiano. Ma già oggi alcune novità emergono con nettezza e coglierle in tempo può essere utile per affrontare le prossime scadenze.

Il breve ciclo del tripolarismo si è compiuto? Abbiamo avuto nei due ultimi decenni un bipolarismo stressato verso il bipartitismo con le gestioni di Veltroni prima e Renzi dopo. Queste forzature hanno aggravato la crisi di rappresentanza e creato uno spazio per populismi nel quale si è inserito il MoVimento 5 Stelle. Ma questo movimento ha mancato il suo obiettivo: non è riuscito né a generare una politica autonoma terza tra sinistra e destra, né ad influire su destra e sinistra per innovarne le politiche.

E così accaduto che prima, alleandosi con la destra, ha alimentato con i suoi voti l’impetuosa avanzata di Salvini e, successivamente, alleandosi col centro-sinistra per necessità e non per convinzione, ha favorito il ritorno a casa dei suoi elettori che venivano da sinistra (vedi caso Emilia Romagna). Così, ridimensionato drasticamente il terzo polo, oggi, siamo di fronte alla domanda se non sia tramontata questa fase di ascesa e declino del MoVimento 5 Stelle e se non stiamo tornando al bipolarismo.

MA UN’ALTRA DOMANDA si pone immediatamente: si tratta di un ritorno al passato e quindi si ricomincia da dove eravamo partiti? E magari ritirando fuori dai cassetti il vecchio armamentario del maggioritario e della voglia di bipartitismo? E’ auspicabile che la lezione di questi anni non porti a ripetere gli stessi errori.

L’Italia repubblicana post Dc è sempre stata orientata verso due aree progressista e conservatrice sostanzialmente equivalenti, ma con una molteplicità di soggetti che quasi sempre sono stati determinanti per il prevalere di uno schieramento sull’altro. Una nuova forzatura verso un bipolarismo tendente al bipartitismo sarebbe antistorica. La lezione di questi anni dovrebbe dirci che bisogna costruire un sistema politico equilibrato che favorisca la formazione di due schieramenti alternativi consentendo, però, la espressione di posizioni di minoranza nei diversi schieramenti che accrescano la partecipazione e rafforzino la rappresentanza e la democrazia.

Qui nascono altre due domande: quali prospettive per l’elettorato residuo del MoVimento 5 Stelle? E quali per l’elettorato marginale o non strutturato – sinistre estreme, ambientaliste e sardine – dell’area progressista?

ALLA PRIMA DOMANDA dovranno rispondere più direttamente gli interessati. Ma non é da escludere che essi si dividano e che accanto ad un’area più populista e di destra prenda corpo un’area che recuperi i tratti originari del movimento più vicini ad una nuova sinistra (moralizzazione della vita pubblica, ambientalismo territoriale, sviluppo di democrazia e partecipazione utilizzando rete e digitalizzazione, forte sensibilità ai problemi della disuguaglianza interna e globale, nuova visione del benessere e dello sviluppo…..). In questa direzione sembrano orientati i soggetti che si sono incontrati ad Assisi e che vanno da componenti del M5s ad aree del cattolicesimo sociale a personalità sensibili ad un nuovo sviluppo sostenibile.

PER QUANTO RIGUARDA l’area progressista siamo anche qui di fronte a fenomeni nuovi e da seguire dalle sardine alla nuova esperienza della lista Coraggiosa e del grande successo della candidata Elly Schlein. Naturalmente importante quanto si annuncia nel Pd gestione Zingaretti.

Siamo di fronte a fermenti che riaprono la speranza che si possa bloccare l’avanzata della destra e favorire la nascita di uno schieramento innovativo e progressista. Non serve trovare subito formule magiche e sbocchi organizzativi. Ci vogliono un dibattito aperto, una ricerca unitaria, una disponibilità a mettersi in discussione ed a sperimentare soluzioni nuove ed originali.

QUELLO CHE OCCORRERÀ evitare è, a sinistra del Pd, la ripetizione stanca e stancante di vecchie formule e steccati che prescindono dai livelli di consenso reale anche quando essi si attestano sullo zero per cento e da parte del Pd la tentazione di trasformare la ritrovata fiducia in un nuovo tentativo egemonico. C’è un’area vasta che comprende i soggetti storici, i movimenti che stanno crescendo, le aree politiche in trasformazione. Questa area ha bisogno di incontrarsi e consolidarsi nei prossimi mesi per produrre una operazione culturale: generare una visione di futuro insieme ad una gestione di governo. Lo si può fare, pur in una fase difficile come quella che stiamo vivendo, se si fuoriesce dal giorno per giorno della cronaca salviniana e si sfida e ci si sfida su una nuova idea di politica , su una visione di lungo periodo sulla conversione ecologica e sociale dello sviluppo e sulla programmazione cadenzata, ma definita dei passi da fare per realizzarla. Solo una nuova idea di programmazione di questo tipo può modificare la brutta piega presa dalla politica italiana.