Anna abita con la madre a Ragusa, ha 52 anni, una figlia di 24 che studia lettere a Catania. Nella sua vita è stata una «lavoratrice socialmente utile». Quando lo Stato ha deciso di eliminare questa figura ha iniziato a lavorare per il comune e poi per le scuole della sua città come addetta alle pulizie. È arrivata a Roma dopo 19 ore di viaggio in pulmann insieme a Giuseppe. Lui di anni ne ha 53, ha un diploma da geometra. Con uno stipendio medio da 850 euro mantiene la moglie e una figlia. «Mi sono adattato per portare avanti la vita», dice. Entrambi lavorano per una ditta subappaltatrice della romana Miles, uno dei quattro consorzi nazionali che gestiscono le pulizie delle scuole e in altri enti o ministeri. Sono arrivati a bordo di un pulmann dei sindacati (Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs) e insieme a 5 mila colleghi hanno partecipato al presidio al ministero dell’Istruzione contro il taglio al fondo per le pulizie previsto dal «decreto del fare»: meno 25 milioni nel 2013, meno 49 milioni nel 2014 su un fondo di 390 milioni di euro che sarà spalmato su 9 mesi, anziché 12, con una riduzione dello stipendio di circa 300 euro mensili. Questi soldi dovrebbero finanziare 1500 concorsi per professori ordinari all’università e altrettanti per ricercatori a tempo determinato. Il governo la considera una misura contabile per rilanciare la «ricerca» alla canna del gas. Per gli addetti alle pulizie è la certezza che si allungheranno i periodi di cassa integrazione estiva e si rischia il licenziamento. «Ci vogliono mettere l’uno contro l’altro – dicono – per noi la ricerca dev’essere finanziata ma non con questi soldi. Da 15 anni svolgiamo dignitosamente questo lavoro, ci sentiamo parte del mondo della scuola, non ci devono essere tagli. Se lo faranno continueremo la nostra lotta. A settembre possiamo occupare le scuole e non farle aprire. Cosa si può fare a più di 50 anni?». Quella degli ex Lsu esternalizzati è una figura simbolo nella scuola trasformata in un’impresa postfordista. Sono uno degli anelli della catena che prevede tre tipologie di contratti per le pulizie e la sicurezza: oltre a loro ci sono i cosiddetti «appalti storici» (sono 5 mila e vengono da storie lavorative ancora più travagliate degli «ex Lsu») e il personale Ata stabile o precario iscritto in graduatoria. Un’organizzazione che per sua natura mette in concorrenza i lavoratori. Con il governo Letta lo saranno anche con gli universitari, a dimostrazione che l’austerità impone una guerra di tutti contro tutti per accaparrarsi l’ultimo centesimo pubblico rimasto in bilancio. Gli addetti alle pulizie vivono alla base di una piramide molto complicata. In alto c’è il Miur che eroga un assegno ad una scuola. La scuola paga una fattura al consorzio che ha vinto una gara d’appalto indetta dalla Consip. A loro volta i consorzi pagano le ditte subappaltatrici che assumono questi lavoratori. Se fossero assunti probabilmente il Miur spenderebbe meno per le pulizie delle scuole. Lo prevederebbe anche un decreto del 1999 che riservava agli ex Lsu il 30% dei posti di chi andava in pensione. Ma è stato sospeso, e sono stati inutili i ricorsi al Tar, mentre «i sindacati hanno garantito il loro personale» osservano gli addetti siciliani. Ieri l’incontro al ministero è stato interlocutorio. Se ne riparlerà lunedì prossimo. Il capogruppo Pd alla Camera Roberto Speranza ha promesso di occuparsi della vicenda. Sorridono Anna e Giuseppe poco prima di risalire sull’autobus. Il loro viaggio non è stato inutile. Torneranno.