L’inquinamento atmosferico urbano e la congestione del traffico sono due volti dello stesso fenomeno. La quantità e la tossicità dei gas inquinanti immessi nell’atmosfera urbana dipendono, infatti, sia dal numero di autoveicoli in circolazione, sia dal modo in cui essi si muovono. Più autoveicoli significa più gas di scarico, naturalmente, ma se aumenta il numero di autoveicoli in circolazione il traffico diventa più lento, con continue frenate e accelerazioni, e i composti immessi nell’atmosfera – per ogni chilometro percorso da una automobile – diventano maggiori come quantità e ancora più velenosi.

Il sistema più banale per far diminuire l’inquinamento consiste nei divieti totali o parziali (tipo targhe alterne) di circolazione nelle grandi città.

Il potenziamento del trasporto pubblico è importante sia perché un mezzo di trasporto pubblico «contiene» parecchie persone che così lasciano a casa la propria automobile, sia perché un mezzo di trasporto pubblico è quasi sempre in movimento.
Alla diminuzione della velocità e all’aumento dei veleni contribuisce anche il fatto che almeno un terzo degli autoveicoli presenti in una area urbana si muove per una o due ore e sta fermo, in sosta, negli spazi permessi o vietati, per molte ore al giorno. Diminuisce così la superficie stradale disponibile per il movimento, diminuisce la velocità del traffico, aumenta l’inquinamento. Pertanto l’estensione e il rispetto dei divieti di sosta sulle strade farebbe aumentare la velocità del traffico e farebbe diminuire la quantità di veleni immessi nell’aria da ciascun autoveicolo.

Andando avanti di questo passo il futuro ci riserva una serie di crisi del traffico sempre più frequenti e gravi, se si considera che l’attuale (2017) parco circolante italiano di autoveicoli, di circa 45 milioni, di cui circa 38 di autovetture, aumenta in ragione di circa mezzo milione di unità all’anno, per oltre la metà destinati – o meglio condannati – al traffico urbano.

Da questa trappola tecnologica solo la cultura ecologica può salvarci. A ben guardare la città è un ecosistema, sia pure artificiale, e come tale ha una limitata capacità di accogliere i suoi «abitanti». Anche per una città è possibile riconoscere il numero massimo degli esseri artificiali, gli autoveicoli, che possono occupare lo spazio disponibile; tale numero diminuisce se la superficie delle strade diminuisce per il gran numero di autoveicoli fermi. Se si supera il limite della capacità ricettiva della città si va presto incontro a fenomeni di congestione e di intossicazione dell’ambiente che portano a situazioni caotiche.

Le conoscenze sul funzionamento dell’ecosistema urbano suggeriscono quello che si dovrebbe e quello che non si deve fare, divieti e limiti, cose sgradevoli per gli adoratori del dio-automobile, peraltro inevitabili se non vogliono ridursi ad adorare una carcassa di ferraglie irrimediabilmente ferma in una atmosfera fumosa in cui siano costretti ad muoversi in bicicletta