Zlatko Kaucic è un musicista imprendibile. Quando te lo aspetti in un luogo sonoro lui è già da un’altra parte. È la scuola della musica improvvisata europea e del jazz più radicale: sii te stesso. Come facevano Armstrong, Parker, Ornette, Lacy. Kaucic è un musicista che ha sviluppato uno stile molto personale sia alla batteria che alle percussioni. Utilizza i materiali più disparati come oggetti di uso quotidiano, giocattoli, una cetra elettrificata, metalli di vario tipo. Per festeggiare i quarant’anni di carriera del musicista sloveno l’etichetta Not Two ha editato Diversity, un sontuoso cofanetto di cinque cd registrati dal vivo e in studio in compagnia del meglio della vecchia e nuova avanguardia europea: Lotte Anker, Johannes Bauer, Agustì Fernàndez, Artur Majewski, Rafał Mazur, Phil Minton, Evan Parker.

L’ascolto delle diverse performance catturate tra il 2012 e il 2017 ci consegna l’esaltazione della dimensione rituale del fare musica. Silenzio, suono, gesto. Concentrazione assoluta e piacere del gioco. Un’estetica dal lirismo aspro e dall’umorismo sardonico, amante dei forti contrasti, sempre al servizio dell’utopia di una comunità di persone che sa trovare il modo di comunicare grazie alle differenze e non a dispetto di queste.

Premiato nel 2011 con il  Prešern Fund Award, il più importante riconoscimento in campo culturale sloveno, Kaucic è un musicista creativo ma anche un tenace combattente culturale e un organizzatore visionario: «In Slovenia nel 1992 c’erano tutti quei bunker fatti costruire da Tito in previsione di un attacco nucleare da parte dell’Unione Sovietica. Con l’indipendenza furono riconvertiti in centri sociali. Vi si suonava punk soprattutto. Quella volta i punk odiavano il jazz ma io un poco alla volta sono riuscito a farlo accettare. A Strelisce ho aperto un club underground nel quale si faceva musica, cinema e poesia. Dal 2011 organizzo il Brda Contemporary Music Festival nel piccolo paese di Šmartno.  Lì faccio sempre dei laboratori con i grandi improvvisatori europei e li faccio incontrare con i giovani. Ci sono venuti Evan Parker, Trevor Watts, Phil Minton, Ab Baars, Joëlle Léandre, Saadet Türköz, Tristan Honsiger. Cerco sempre di stimolare i musicisti a mettersi in gioco, rischiare e sperimentare. Non voglio che ci sia musica composta, preparata o provata prima. Solo musica improvvisata. Abbiamo avuto problemi economici ma teniamo duro. Io sono un tipo testardo!»