Pochi strumenti musicali hanno la versatilità del violoncello; forse perché è strettamente legato alle vibrazioni dell’anima. Sarà per questo che violoncellisti del calibro di Casals, Fournier e Rostropovich riuscirono a dare nobiltà e soprattutto a far comprendere nel corso del tempo cosa potesse comunicare uno strumento di questo tipo. Insomma il violoncello ha varcato i cancelli della musica nella sua massima espressione tanto da divenire nelle mani del croato Luka Sulic e dello sloveno Stjepan Hauser qualche cosa di incredibile, partendo proprio dall’ascolto – nella loro versione – di un grande classico di Michael Jackson come Smooth criminal. Insieme hanno creato 2Cellos e forti di una eccellente padronanza tecnica, sono diventati, grazie alla rete soprattutto, un fenomeno pop così importante tanto da affrontare l’Arena di Verona solo con i due legni. La loro forza sta certo nella grande creatività ma anche nella ricerca di nuove sonorità. Insomma oggi i due giovani sono diventati campioni d’incasso così da essere messi sotto contratto dalla Sony: 3 cd pubblicati e un quarto di prossima uscita. Quattro date italiane, ieri tappa a Pistoia blues e stasera il «congedo» a Padova. Abbiamo incontrato uno dei due musicisti, Stjepan.

Allievo di Bernard Greenhouse hai studiato violoncello con uno dei grandi maestri. Quanto di questa formazione c’è in quello che fai? 

Lui era una vera leggenda, inevitabilmente mi ha trasmesso molto. È stato il fondatore del Beaux Arts Trio, una formazione epica per la musica classica, come dire Elvis Presley per la musica rock.

La ricerca dei 2 Cellos è quella di usare due strumenti estremamente classici per proporre sonorità molto moderne e contemporanee. Come vi è venuta l’idea di arrangiare il brano di Michael Jackson «Smooth criminal» che vi ha lanciato? 

Volevamo fare qualche cosa di nuovo, usare la conoscenza e la tecnica maturata in anni di studi classici per rompere i soliti schemi «musica classica contro musica pop-rock», far conoscere soprattutto le potenzialità immense del violoncello ai nostri coetanei o ai ragazzi più giovani di noi, che all’epoca avevamo 24-25 anni. Quindi abbiamo semplicemente applicato la nostra creatività a un brano musicale che ci piaceva, che ci permetteva di aggiungere con i nostri violoncelli qualche cosa di nuovo all’armonia strepitosa originale.

Il pezzo che vi ha fatto esplodere, «Thunderstruck» partiva da un passaggio di Vivaldi, pensate che in futuro arrangerete altri classici?

Succederà sicuramente. Non è pianificato, ma c’è così tanta bella musica che ci basta ascoltare e pensare a mash up nuovissimi e rivoluzionari fra brani di origine diversa. Ci piace riarrangiare le composizioni con il nostro stile e mescolarle creando qualche cosa diverso dall’originale e sempre riconoscibile come suonato da noi.

Forse farete altri esperimenti come la fusione fra i Led Zeppelin e Beethoven?

Siamo nati per sperimentare, i mash up sono una via ma non l’unica. Ne esploreremo di nuove, e anche per questo suoniamo tanto dal vivo. La reazione del pubblico, le emozioni provate quando abbiamo suonato in posti come l’Arena di Verona, il Forum di Assago, ma anche prima in teatri o club stipati come accade per i concerti rock, sono una spinta creativa enorme.

Giovanni Sollima in Italia, e non solo, è stato fra i primi ad aprire la strada alle contaminazioni musicali. Cosa pensate del suo lavoro? 

Giovanni è un nostro caro amico, un genio, è stato il primo a sperimentare un’accordatura diversa dello strumento, la musica e il violoncello gli devono senza ombra di dubbio moltissimo.