Quando stasera si cominceranno ad avere i primi dati delle elezioni, in Spagna potremmo assistere a una specie di terremoto politico.

Del resto, come ripetono sempre sia i dirigenti di Podemos sia quelli di Izquierda Unida, siamo di fronte a una rottura completa dello schema spagnolo prescelto dai tempi della caduta del franchismo fino ai nostri giorni. I socialisti stessi, nel 1977, si recarono negli Stati uniti per abiurare il marxismo, dichiararsi a favore della Nato e per un bipartitismo con i popolari, in una cornice di monarchia costituzionale.

I patti erano dunque chiari: alternanza tra popolari e socialisti e Spagna all’interno del quadro ideologico – e militare – occidentale. Questo sistema, che si è pensato di sigillare con una legge elettorale in grado di favorire il duopolio politico, è quello che ha retto fino ad oggi la Spagna.

Ma oggi la realtà è diversa e non è un caso che tutti i dirigenti di Unidos Podemos sono concordi nel ritenere che tra i tanti cambiamenti sarà necessario anche quello della legge elettorale. Calcolo di voti e seggi, tra l’altro, che oggi rischia proprio di compromettere il risultato dell’alleanza di sinistra.

Tra le tante cose che sono cambiate, però, c’è anche il Psoe. Gli occhi di tutti infatti sono puntati sul partito socialista e sul suo leader Sanchez.

Tutti, dirigenti e attivisti dei partiti in lizza, sono certi di un dato: il Psoe è spaccato e molto di più di quanto non sembri. Il fatto di non aver annunciato alcuna alleanza prima del voto è sintomo di un partito in cui pesa ancora molto l’influenza dell’ex premier Felipe Gonzalez e nel quale la base sembra completamente in balia degli eventi. Sanchez, se il voto confermerà la terza posizione del Psoe, come tutti i sondaggi precedenti al voto confermano, sarà probabilmente dimissionario già stasera, al più tardi domattina.

Questo è da considerare insieme alla possibilità che un altro leader destinato a lasciare potrebbe essere Rajoy, in caso di disastro totale. Si riaprirebbero tutti i giochi, perché lo stallo che si è vissuto fino ad ora dipende anche dai protagonisti in prima linea.

Dalle parti di Unidos Podemos lo scenario più probabile che viene preso in considerazione è quello di un governo Pp- Ciudadanos con l’astensione del Psoe. Un governo che potrebbe durare poco, un paio di anni, e che potrebbe picchiare molto duro in termini di diritti. A quel punto per Unidos Podemos inizierebbe una nuova stagione dove la piazza potrebbe tornare a contare.

In una situazione del genere chi potrebbe essere in difficoltà sarebbe proprio Podemos. Perché la formazione «morada» si è presentata fin da subito come una forza di governo, evitando di mostrarsi come una forza di piazza, per non destare troppe preoccupazioni presso l’elettorato più moderato. Ma in caso di un mancato governo «progressista» come lo chiamano i dirigenti di Unidos Podemos (ovvero un eventuale governo Unidos Podemos più Psoe), la leadership, posto che si riesca a superare il Psoe davvero, dovrà escogitare una nuova stagione politica.

Chi sembra pronta a questo scenario è Izquierda Unida. Dopo un ricambio generazionale e politico impressionante, la sinistra spagnola appare molto felice dell’accordo elettorale, «che moltiplica e non somma soltanto» ripetono. Da un lato sostengono di aver spinto Podemos a riconoscere le diversità nell’alleanza, dall’altro sentono vicini un risultato storico che da forza in grado comunque di raccogliere il 7 l’8 percento, diventa sostanzialmente maggioritaria nella sinistra spagnola.

IU appare anche più pronta a un eventuale periodo di opposizione, al contrario di Podemos. Vedremo i risultati che scenario apriranno, anche se sembra sostanzialmente impossibile la possibilità di formare un governo Unidos Podemos- socialisti, nonostante questa alleanza «socialdemocratica» sia già effettiva in alcuni comuni.