Un bambino su 20, tra i 7 e i 15 anni, lavora oggi in Italia. Per Save the Children, che ieri in occasione della giornata mondiale contro il lavoro minorile ha presentato a Roma il rapporto «Lavori ingiusti» in collaborazione con il ministero della Giustizia, in questa condizione si troverebbero 260 mila under 16 nel nostro paese, il 7% della popolazione compresa in questa fascia di età.

Questa la conclusione di un’indagine che ha coinvolto per la prima volta 733 ragazzi e delle ragazze nei penitenziari minorili, nelle comunità di accoglienza penale e in quelle ministeriali, oltre che quelli presi in carico dal servizio sociale minorile. Il 73% è di origine italiana, mentre il 27% è costituito da tagazzi di origine rumena, albanese o maghrebina.

L’oggetto riguardava il loro coinvolgimento nel lavoro da prima degli 11 ai 16 anni. Il 66% dei ragazzi ha effettivamente lavorato prima dei 16 anni, oltre il 40% ha avuto esperienze lavorative al di sotto dei 13 anni e l’11% ha svolto delle attività persino prima degli 11 anni. Si inizia a lavorare per affrontare le spese che la famiglia di appartenenza non può sostenere, oppure si lavora per aiutare la propria famiglia (nel 40% dei casi). Il 60% dichiara di aver lavorato per altre persone mentre solo il 21% ha lavorato per i propri genitori e il 18% per dei familiari. La ristorazione è il luogo dove i minori trovano più spazio (il 21%).

Bar, ristoranti, alberghi, pasticcerie, panifici li mettono al lavoro senza badare troppo all’età. Si può anche trovare qualcosada fare ai mercati generali o nellavendita ambulante (il 17% dei casi). Non manca l’edilizia dove ci si può improvvisare da manovali, imbianchini o carpentieri. Poi il lavoro in campagna per raccoglitori, nel maneggio degli animali, ad esempio. Il 71% dei ragazzi intervistati ha dichiarato di aver lavorato quasi tutti i giorni – dunque in modo continuativo e – il 43% per più di 7 ore di seguito al giorno; il 52% ha lavorato di sera o di notte. La maggior parte dei minori intervistati afferma di avere iniziato le proprie azioni illecite tra i 12 e i 15 anni, lamenta di avere incontrato problemi a scuola con una bocciatura. Tra i reati commessi ci sono quelli contro il patrimonio (54,5%, furto o rapina), quelli contro la persona (12,7%, lesioni volontarie, ad esempio), contro l’incolumità (9%) e le istituzioni (6%).
«Si tratta di un dato molto grave e allarmante che mette in luce il circolo vizioso che parte dall’abbandono scolastico, passa per lo sfruttamento lavorativo fino a ad arrivare al coinvolgimento nelle reti della criminalità» afferma Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia-Europa Save the Children Italia». Un lavoro stabile potrebbe contribuire al percorso di reinserimento sociale, la pensa così l’89% degli intervistati. Tra le raccomandazioni di Save The Children c’è l’adozione tempestiva di un piano Nazionale sul Lavoro Minorile. Per Furio Rosati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) «Protezione sociale e monitoraggio sono essenziali per combattere il rischio abbandono scolastico e l’esposizione al lavoro minorile».

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha annunciato che presenterà oggi al Consiglio dei ministri una proposta legislativa per elevare l’età di chi é costretto negli istituti penitenziari minorili passando da 21 a 25 anni. L’obiettivo «é creare una funzione di cerniera tra l’età adulta e quella minorile».