Esattamente 25 anni fa la Repubblica democratica tedesca (Ddr) cessava di esistere, e il suo territorio entrava a far parte della Repubblica federale. Oggi, come ogni 3 ottobre da allora, in Germania è giorno festivo, ricorrenza dell’«unità tedesca»: occasione per fare il punto sullo stato di avanzamento del processo di riunificazione innescato dalla caduta del Muro del 9 novembre 1989. Il bilancio «ufficiale» della riunificazione è quello che ha presentato ieri il governo della cancelliera Angela Merkel di fronte al Bundestag (nella foto): appuntamento annuale che, in questa occasione, si è arricchito del valore speciale dato dal compimento del quarto di secolo. Non solo: la seduta parlamentare di ieri ha assunto un’importanza ulteriore perché è stata l’ultima in cui ha preso la parola il carismatico 67enne Gregor Gysi in qualità di capogruppo della Linke.

Nell’intervento della sottosegretaria con delega ai «nuovi Länder» (dicitura politicamente corretta per indicare la ex Ddr), Iris Gleicke, il punto di vista dell’esecutivo: «La ricostruzione dell’est è riuscita. L’obiettivo di condizioni di vita uguali (fra le due parti del Paese, ndr) è stato raggiunto in molti ambiti». Per esempio, si è eguagliata l’aspettativa di vita (83 anni) per le donne (per gli uomini c’è un solo anno di differenza: 78 contro 77), e pari è il numero di nati (8) ogni 1000 abitanti. Ma non di soli successi si tratta: nemmeno il primo governo guidato da una donna cresciuta nella Ddr può sorvolare sui lati oscuri della recente storia tedesca.

«Il processo di riunificazione è andato avanti anche con molte contraddizioni. Non possiamo tacere il fatto che non pochi di coloro che 25 anni fa si affacciavano con speranza e sogni in una nuova società hanno dovuto subire amare e umilianti sconfitte», ha riconosciuto la sottosegretaria Gleicke, chiamando in causa la de-industrializzazione e l’ingente disoccupazione degli anni post-riunificazione. E tutt’ora l’economia della Germania orientale è sensibilmente più debole di quella occidentale: «Nell’Est mancano le grandi imprese», è uno degli esempi evidenziati dall’esponente del governo.

Da par suo, il capogruppo uscente della Linke ha sottolineato il valore storico della riunificazione: «Il risultato più importante del superamento della divisione fu la fine della possibilità di una guerra fra i due stati tedeschi. Se durante la guerra fredda fosse scoppiata la terza guerra mondiale, Stati uniti e Unione sovietica erano d’accordo nel farla cominciare proprio fra le due Germanie». La pace come prima conquista, quindi, ma non solo. A giudizio di Gysi, nato e vissuto sempre a Berlino Est, «i vantaggi della riunificazione per la parte orientale del Paese sono stati evidenti: un guadagno in libertà e democrazia, un’economia funzionante e finalmente una moneta liberamente convertibile, il marco tedesco invece del marco della Ddr». Non potevano mancare, tuttavia, anche accenti critici: Gysi ha utilizzato il suo ultimo discorso da capogruppo per sottolineare l’errore di aver liquidato tutta l’eredità storica dello stato tedesco scomparso. «Se l’ovest avesse preso a modello il sistema orientale degli asili nido, e in generale le politiche in sostegno delle donne lavoratrici, ne avrebbero guadagnato tutti», ha affermato fra gli applausi provenienti dalla sinistra dell’emiciclo il padre nobile della Linke. Che non ha perso l’occasione per ricordare cosa dovrebbe cambiare nella Germania di oggi: dai salari più alti alla fine del massiccio export di armi.

Mostrando la signorilità e la cultura democratica che solo le persone intellettualmente disoneste non gli riconoscono, Gysi ha concluso il proprio intervento augurando ai propri avversari «salute e fortuna», ringraziandoli «per essere sempre stati una sfida che mi ha condotto a migliorare me stesso». Dalle file della maggioranza, il riconoscimento per il suo ruolo di protagonista della storia tedesca da parte dei socialdemocratici della Spd, mentre i democristiani della Cdu/Csu hanno mostrato ancora una volta tutta la loro grettezza: «Lei, signor Gysi, ha detto di desiderare molti cambiamenti, e ora le diciamo cosa desideriamo noi: che finalmente lei canti l’inno nazionale in quest’aula», è stato il saluto del 31enne peone democristiano Mark Hauptmann, che ha riesumato una vecchia polemica sul costume di Gysi (proprio come Jeremy Corbin nel Regno Unito) di non fare sfoggio di orgoglio patriottardo. Una scelta troppo difficile da capire, evidentemente, per le arroganti giovani leve del partito della cancelliera.