Una guerra tra bande. Con piccoli segmenti di ultras in disaccordo con altri ma che di fatto s’impossessano degli stadi italiani. E delle società, inerti, incapaci – se non di lamentarsi nelle stanze del potere – di fronte alla presa di potere del tifo organizzato. L’ultimo esempio plastico arriva da Napoli. Durante l’ultima partita con il Livorno al San Paolo, un gruppetto di uno dei gruppi organizzati del tifo partenopeo si autoinsultava con lo striscione «Napoli colera e ora chiudeteci la curva», senza l’appoggio degli altri gruppi di sostenitori della curva B, tra silenzi e urla di disapprovazione, per solidarizzare con lo storico nemico milanista. Multato e squalificato proprio per offese ai napoletani ma alleato di un ideale fight club – con il suo codice di comportamento – contro il Palazzo del pallone.

Con leggi non scritte che portano addirittura a insultare la propria gente. Poco importa se un tifoso napoletano non riesce proprio a capacitarsi dell’offesa arrecata a Napoli, arrivata da un gruppo di tifosi del Napoli, per vicinanza verso una curva che ha vilipeso – fenomeno che avviene da decenni – la gente di Napoli. E in attesa di capirci di più, magari di venire a conoscenza sulla misteriosa comparsa di uno striscione così offensivo sugli spalti (la società azzurra, la Polizia, non hanno il compito di vigilare sul contenuto degli oggetti che sono portati all’interno dello stadio?), la frangia del tifo partenopeo, così come quella milanista, interista, juventina, incassa l’avvio della marcia di avvicinamento alla revisione della norma contro la discriminazione territoriale imposta dall’Uefa.
Ci ha pensato subito la Lega calcio, la risposta della Figc è orientata verso il «tarare le pene», tenendo conto «ci sono anche offese che non sono da considerare discriminazioni territoriali».

Milan – Udinese vietata ai tifosi è l’effetto dell’ultima sanzione inflitta dalla disciplinare per cori di discriminazione territoriale (società punita per responsabilità oggettiva, come stabilito da nuove norme Uefa). Con i rossoneri che annunciano ricorsi di ogni tipo (senza denunciare il capo ultrà milanista Giancarlo Capelli che, prima della gara contro la Juventus, diceva all’emittente lombarda Antenna Tre di essere consapevole di cosa avrebbero rappresentato i cori ripetuti contro i napoletani). L’escalation di settori dello stadio chiusi per razzismo partiva con Roma – Verona, seconda giornata di serie A per i cori giallorossi contro il milanista Mario Balotelli, nella penultima giornata dello scorso campionato. Anche se tecnicamente la prima squalifica era scattata per la Lazio. Curva Nord deserta contro l’Udinese per gli ululati razzisti contro alcuni calciatori juventini, nella finale di Supercoppa italiana il 19 agosto scorso, all’Olimpico contro la Juve.

Alla quinta giornata toccava all’Inter: curva Nord vacante per insulti a fondo razzista verso Paul Pogba e Kwadwo Asamoah durante la sfida contro la Juventus. Un turno dopo, ecco il Milan: Sud chiusa per cori razzisti durante la sfida persa contro il Napoli. Nel frattempo, il tifo organizzato della Lazio si distingueva anche nelle gare europee. Offese razziste ai supporters del Legia Varsavia in Europa League. Niente Olimpico il 7 novembre, contro i ciprioti dell’Apollon Limassol.