C’è chi dice fossero 150mila, chi 200mila. Certo è che il primo maggio a Taranto le persone che hanno affollato per quasi 12 ore il Parco Archeologico delle Mura Greche erano più che nelle precedenti due edizioni: tantissimi, giovanissimi, provenienti da tutto il Sud Italia.

La giornata organizzata dal comitato Cittadini Lavoratori Liberi e Pensanti è quindi più che riuscita (la mattina si è svolto un dibattito pubblico a cui hanno partecipato oltre 200 persone), anche e soprattutto per rilanciare un segnale di speranza: ovvero che la gente del Sud e di tutti i territori italiani in cui si lotta ogni giorno per i propri diritti, trovi la forza e il coraggio per continuare a farlo, nonostante tutto.

Il concerto del primo maggio a Taranto è da sempre – dalla sua prima edizione – essenzialmente questo: dimostrare che si può organizzare un evento di quel calibro, dal basso, autofinanziato, tenendo lontani gli sponsor faraonici delle multinazionali (un messaggio diretto anche e soprattutto in contrapposizione alla sfarzosa organizzazione dell’Expo di Milano), e quella politica e quei sindacati che troppe volte hanno tradito soprattutto il Sud di questo paese. Lasciandolo solo nei suoi drammi e nel combattere contro i suoi fantasmi centenari.

Per questo c’erano i No Mous, le mamme della Terra dei Fuochi, i No al Carbone di Brindisi, i No Tap, i comitati No Tav, i No Trivelle. C’erano associazioni che ogni giorno lottano contro la camorra, la mafia e la ’ndrangheta. C’erano persone che rappresentano esempi di legalità e giustizia (non a caso il tema di quest’anno era appunto «Legalità, quale Giustizia?»), che non hanno piegato la testa di fronte ai poteri forti e agli interessi dei soliti noti. C’era chi lotta ogni giorno contro il cancro causato dall’inquinamento, da una gestione criminale dei rifiuti e del territorio; c’era chi combatte contro il pizzo; chi contro l’emarginazione, la povertà, la guerra come i tanti migranti giunti in riva allo Ionio dalla scorsa estate.

Come ha detto Roy Paci (direttore artistico dell’evento insieme all’attore tarantino Michele Riondino), a Taranto «si respira un’aria diversa». E il cantante dei Subsonica Samuel Romano, sul palco ha confermato: «Chi organizza questa manifestazione ci insegna che vale ancora la pena di sognare». Perché, ha ammesso emozionato l’amatissimo rapper pugliese Caparezza, «in quarantun’anni anni non ho mai visto nulla di simile in Puglia». Il concertone nella capitale? «Io dal piazzale San Giovanni ormai non ci passo più neanche con la macchina», la battuta del romano Andrea Rivera.

Sul palco, oltre ai tanti artisti (tra gli altri si sono esibiti Mannarino, i Marlene Kuntz, i Velvet, Elio Germano con le Bestierare, Roy Paci con Aretuska Allstars) sono saliti tantissimi esponenti di associazioni e comitati dei vari territori per lasciare la loro testimonianza. Il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, ha ripercorso la storia degli ultimi tre anni dell’Ilva con i sette decreti varati dai vari governi per mantenere aperto il siderurgico tarantino, il più grande d’Europa (una ricostruzione però lacunosa, condita da diversi errori storici).
Taranto dunque prova ancora una volta a ripartire. Prova ancora una volta a unirsi e a riunirsi per riscrivere la sua storia, dopo i tanti errori commessi, con l’aiuto ideale del Sud. Ma la strada è ancora lunghissima.