C’è chi dopo il suo arresto avrebbe voluto sospendere il trattato di Shengen e chi ci ammoniva con toni presuntuosi e truci sul rischio che con i barconi stessero arrivando i terroristi dall’Africa. «Il terrorista arrestato oggi a Milano era arrivato in Italia all’inizio dell’anno su un barcone partito dalla Tunisia. Un pericolo che la Lega denunciava da tempo. Alfano dimettiti», aveva postato su facebook Matteo Salvini all’indomani dell’arresto, nel maggio scorso, di Touil Abdel Mayid, il ragazzo marocchino accusato della strage del marzo 2015 al museo del Bardo di Tunisi.

«Fratelli d’Italia lo aveva detto: con i barconi arrivano anche i terroristi» aveva ribadito con fierezza nazionale Giorgia Meloni. A destra non hanno ancora imparato che bisogna aspettare almeno 72 ore prima di commentare una notizia di cronaca.

Eppure di brutte figure in passato ne sono state fatte a iosa come all’indomani dell’arresto ingiusto di un albanese per l’omicidio di Novi Ligure, prima che si scoprisse che i responsabili erano gli italianissimi Erika e Omar. Allora erano gli albanesi ad andare di moda. Poi sarà il turno dei rumeni. Ora è quello dei marocchini jihadisti. «Congratulazioni ai nostri uomini in divisa, agli inquirenti e all’intelligence», aveva dichiarato il ministro Alfano, senza alcuna intenzione di dimettersi. «Grazie alle forze dell’ordine che hanno arrestato in Lombardia uno dei ricercati della strage di Tunisi. Orgoglioso della vostra professionalità», gli aveva fatto eco il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Il governo si mostrava compatto nel vantare la riuscita di una grande operazione di polizia che l’opinione pubblica avrebbe certo apprezzato. Peccato che, come è emerso nelle scorse ore, tale vanto e tale operazione non avevano a fondamento alcuna garanzia né alcuna evidenza probatoria.

Come quando ancora il Ministero dell’Interno si complimenta con se stesso per aver arrestato oltre 400, 500, 700 scafisti, dipendendo dalla data del comunicato stampa, dimenticandosi poi di raccontare quanti di essi saranno condannati o anche solo rinviati a giudizio, per quanti di essi c’erano prove anche solo minimamente sufficienti a fare pensare che non fossero dei poveri disperati come tutti gli altri su quei barconi ma fossero invece gli organizzatori senza scrupoli di quella massa umana sulla quale si arricchivano. Si chiama questo diritto penale simbolico che si fonda su sospetti per dare in pasto al pubblico la preda, il capro espiatorio.
Nei confronti di Touil Abdel Mayid non ci sono elementi minimi per ritenere fondata l’accusa. Così la Corte di Appello di Milano, dopo le accurate indagini della Procura milanese, chiede che il fascicolo venga archiviato. Touil non è un terrorista, dopo essere stato dipinto come il migrante mostro.

La Tunisia voleva la testa di Touil Abdel Mayid. E non è questo un modo di dire. Estradare Touil, cosa che per fortuna non accadrà, avrebbe significato violare palesemente le nostre leggi che vietano l’estradizione di una persona verso un Paese che pratica la pena di morte o anche solo la prevede nel suo ordinamento. Fu questa una conquista straordinaria che noi di Antigone con l’avvocato Salerni ottenemmo circa vent’anni fa. Il caso era quello di Pietro Venezia, accusato di omicidio negli Usa. Gli Usa lo rivolevano. Davano finanche assicurazioni che non lo avrebbero condannato a morte. La Corte Costituzionale affermò che il divieto è categorico e non ammette riserve.

Touil però non è stato rimesso in libertà, pur essendo innocente. E’ nel Cie di Torino, in attesa di espulsione. Touil è arrivato irregolarmente in Italia. Rischia ora di ritornare in Marocco. E nessuno ci cautela dal fatto che da lì vada a finire in Tunisia, dove, per l’appunto, rischia senza colpe la pena capitale. Touil merita le scuse e la protezione dal nostro Stato.

* L’autore è presidente di Antigone