il manifesto del 12 marzo 1998

C’è un nuovo personaggio nella vicenda di Radioparlamento: è l’Antitrust che ha scritto una lettera al presidente del senato. Una lettera fermissima con i motivi per i quali occorre modificare il disegno di legge che istituisce la gara per le trasmissioni parlamentari.

Non è sufficiente «sospendere» l’efficacia dell’art. 14 che impone alla Rai l’avvio di una rete parlamentare. L’articolo deve essere «abolito», per evitare distorsioni alla libera concorrenza cui si deve ispirare la gara. Il canone pagato alla Rai e la sua stessa forza economica e tecnica rappresentano altri elementi di distorsione in una gara che deve offrire al pubblico un servizio che per sua natura può essere svolto anche dai privati.

L’Antitrust ritiene inoltre che dovrebbe essere modificato anche il contratto di servizio là dove fa dipendere l’ammontare del canone anche dagli investimenti della Rai per avviare la rete parlamentare. È ingiusto «acquisire una posizione di privilegio in vista della gara, condizionandone l’esito». Radioparlamento è un servizio svolto da Radio radicale da molti anni, contro un compenso insufficiente per RadioRai che d’altro canto manca delle frequenze necessarie per svolgerlo.

La Radio radicale ha cominciato a trasmettere in un modo che dava scandalo nel parlamento impettito di venti anni fa. Vi era un collegamento fortunoso tra l’interfono del gruppo parlamentare radicale che ritrasmetteva voci e rumori dell’Aula, tramite un telefono collegato alla radio. La presidenza della Camera ne era molto contrariata.

Il servizio si consolidò, allargandosi a riunioni di partito e ad altri avvenimenti politici pubblici; vennero trasmessi i processi più importanti e molte altre riunioni rilevanti furono documentate. Vent’anni di storia hanno nella nastroteca di Radio radicale documenti impareggiabili. In anni recenti vi fu un momento di tremenda radio-verità: Radio parolaccia.

Un registratore raccoglieva e trasmetteva automaticamente ogni sorta di contumelie.
Nord e Sud del paese si scambiarono soprattutto insulti da stadio. A capirli per primo nella loro natura fu il re degli stadi che inventò un partito, dal fatidico nome di Forza Italia e fece alleanze sorprendenti con la curva nord e la curva sud; e vinse le elezioni.

Negli ultimi mesi tre quarti del parlamento sottoscrissero la propria fiducia nella Radio radicale come veicolo per l’informazione politica. Nessuno sembrava particolarmente disturbato dalle frequenti prediche di Marco Pannella, ispiratore della Radio. Anzi l’irrefrenabilità di Pannella appariva come garanzia di un non condizionamento e quindi di ragionevole equità della Radio; cosa rara se confrontata con i salti di partito alla Rai, cui conseguono cambi di amministratori e direttori.