Il ’68 è come un ipertesto, un numero reso magico dalle sue autorappresentazioni: infinite, contraddittorie, persino un po’ furbe. Per questo celebrarne la ricorrenza è come cadere nel tranello, fornendo un’altra occasione di fiction.

La narrazione prevalente si è piegata ad una versione glamour, tragica e comica insieme.

Da una parte interminabili racconti in pellicola di manifestazioni, cortei e scontri con la polizia; dall’altra capigliature incolte, vestiari trasandati, eskimi e jeans, alcool e fumo. Una fake, per usare il linguaggio di oggi.

Il ’68, infatti, fu tutt’altro, e la rassegna promossa dall’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico vuole offrire piani di lettura diversi. A cominciare dal cinema e dalle pratiche culturali.

In quegli anni (il ’68 iniziò assai prima) avvenne una vera e propria rivoluzione. Nei costumi finalmente laicizzati, nelle varie aree dei comportamenti di massa almeno parzialmente affrancate dal perbenismo provinciale imperante, nella rottura del mainstream nelle arti.

Film indimenticabili e di generazione come I pugni in tasca o I sovversivi, il teatro di Brecht, Dario Fo, l’arte povera e il superamento dei residui del realismo socialista, le nuove avanguardie da Burri a Schifano, la musica ribelle sono frammenti di un’alternativa: inizialmente sovversiva e via via capace di condizionare le stagioni che seguiranno.

Insomma, l’anno degli studenti, indissolubilmente legato al successivo degli operai, è andato ben oltre la contestazione dell’ordine costituito, centrato sul vecchio sistema democristiano cui faceva da pendant l’opposizione sorvegliata del Partito comunista italiano.

Si è trattato di un passaggio storico, senza il quale non sarebbero successe molte delle cose del cinquantennio trascorso. A cominciare da riforme importanti: il divorzio, l’aborto, il ribaltamento della psichiatria manicomiale, l’equo canone, il riordino della sanità, gli stessi timidi istituti studenteschi.

Il cambiamento, però, diventa enorme proprio nella «sovrastruttura». Il cinema militante non fu solo una grida politico-estetica, bensì l’esplosione di una ricerca straordinaria di linguaggi, forme, immaginari sconosciuti.

E tutto ciò avveniva in una temperie finalmente internazionale, con intrecci non episodici con gli omologhi francesi, britannici, tedeschi, americani.

Anzi. Mai come allora, forse, l’espressione artistica guardò al mondo, coniugando il villaggio globale con le storie locali. L’universo con le persone: il personale entrava nella polis.

Insomma, l’Archivio non intende partecipare alla retorica degli annali. Al contrario, si vuole partecipare a una augurabile revisione. Basta, dunque, con le sequenze di una versione stereotipata e incapace di comunicare alcunché, visto il profondo ricambio generazionale.

Nell’era velocissima delle espressioni digitali le solite immagini si disperdono, meri sospiri nel gigantesco rumore della rete e dell’infosfera.

È nostro dovere, invece, raccontare proprio ai millennials chi furono i protagonisti – individuali e collettivi – del tempo, descrivendo se mai l’«età di Internet» come l’inveramento delle rotture semantiche del ’68. In fondo, nel bene e nel male, l’epoca della post-modernità digitale non si potrebbe decifrare senza i desideri alternativi di allora.

Tecnologicamente, si riuscì ad arrivare alla controinformazione, alle esperienze dissonanti, alle provocazioni creative.

Tuttavia, la talpa ha scavato, eccome.

L’Aamod e il ’68, ventotto film
e una giornata di studio a Roma

Di memorie, ricostruzioni, interpretazioni del ’68, ne sono state prodotte molte quest’anno. In questi 50 anni, anche l’Archivio nel corso di vari anniversari ha promosso interessanti iniziative.

Quest’anno, l’Archivio – in collaborazione con altre strutture – propone Il progetto e le forme di un cinema politico /2 -Il sessantotto, che nasce dall’esigenza di comprendere e di studiare in modo più approfondito un grande movimento di protesta giovanile. Una proposta suggerita, tra l’altro, dall’esperienza realizzata per il centenario della rivoluzione d’Ottobre nel 2017 nata per riflettere sulla vitalità del progetto e delle forme di un cinema politico elaborato dai due massimi interpreti dell’avanguardia russo-sovietica (Sergej M. Ejzenstein e Dziga Vertov). Quel lavoro portò a una rassegna di film, giornate di studio ed eventi di grande interesse e grande partecipazione. Lo stesso gruppo di studio dell’anno scorso, ha suggerito oggi all’Archivio una riflessione sull’intero spettro dei problemi connesso all’«evento ’68» e alla sua rappresentazione e autorappresentazione (limitandosi all’Italia).

Per alcuni mesi il gruppo di studio si è confrontato in un non facile lavoro collettivo per proporre una riflessione approfondita su un periodo storico che ha contribuito in parte a cambiare il mondo. Ne è scaturita l’organizzazione di una giornata di studio e di un fitto programma di film fiction e di film documentari che coprono l’arco degli ultimi anni sessanta.

Si tratta di 20 film fiction dei più interessanti autori, che in quegli anni si posero il problema del rinnovo del linguaggio e delle formule narrative, inoltre di film documentari sui e dei movimenti, i cui autori si posero anche il problema del ruolo dei cineasti di fronte all’insorgenza rivoluzionaria.

Sono quindi proposte alcune brevi «attualità», tratte dal cinegiornale Terzo Canale, una produzione sperimentale promossa dal Pci nel 1968, sugli avvenimenti di carattere sociale in Italia e nel mondo. La giornata di studio è caratterizzata da interventi e dibattiti di grande spessore scientifico, come indicato sul programma in ultima pagina.