All’inizio del film Der Staat gegen Fritz Bauer (Lo Stato contro Fritz Bauer) un signore d’altri tempi appare in televisione, rigorosamente bianco e nero, e con toni appassionati cerca di spiegare come la giovane generazione tedesca debba fare i conti con il passato per costruire un nuovo paese autenticamente democratico. La registrazione è vera, risale agli anni intorno al 1960, e chi parla con fervore è il vero Fritz Bauer. Persona sconosciuta per chi non sia uno studioso del settore.

Si impongono quindi dei cenni biografici su questo personaggio unico, nato a Stoccarda nel 1903, il più giovane laureato in legge della storia tedesca, militante socialdemocratico durante la Repubblica di Weimar, e giudice presso il tribunale locale sino all’avvento del nazismo. Lui e il suo compagno Karl Schumacher finiscono subito in un campo di prigionia. Schumacher ci rimane sino alla fine della guerra, Bauer invece firma una dichiarazione di adesione al nazismo, solo per uscire e andare in esilio in Danimarca. Suo cruccio e fortuna, perché Bauer era di origine ebraica e omosessuale. Terminata la guerra torna in Germania e a Francoforte diventa procuratore capo, con il sostegno di Georg August Zinn, presidente dell’Assia, e suo vecchio sodale socialdemocratico

E qui inizia la storia raccontata dal film. Siamo nel 1957 Bauer ha il sostegno di Zinn ma è malvisto dal potere centrale e dai servizi. Da lui dipende infatti una squadra che dovrebbe incastrare i nazisti latitanti, ma i suoi subalterni non concludono granché. Poi il caso, un tedesco che vive in Argentina gli scrive che il più ricercato di tutti, Adolf Eichmann, l’SS che ha pianificato la Shoah e il genocidio di milioni di esseri umani, sarebbe nascosto laggiù. Bauer sente di avere tutti contro in Germania, i vecchi nazisti sono ora piazzati nelle grandi aziende e nei gangli del potere. Fiutato che rischierebbe solo di fare scappare Eichmann, Bauer si rivolge ai servizi segreti israeliani proponendo un accordo: loro lo catturano, poi il criminale dovrà essere estradato in Germania. Contrattempi, diffidenze, contraccolpi e soprattutto si profila per Bauer l’accusa di alto tradimento, mentre il nazista non potrebbe essere perseguito perché si tratterebbe di delitti politici.

La storia è nota, il Mossad poi effettivamente rapì Eichmann, lo portò in Israele dove venne processato, condannato e impiccato. Non finì mai in Germania perché il governo Adenauer non poteva permetterselo, troppi verminai sarebbero stati scoperti, neppure gli Usa volevano una Germania Ovest destabilizzata, quindi la richiesta di estradizione non venne formalizzata. Lo scomodo Bauer doveva gestire con attenzione anche la sua sessualità, il paragrafo 175 del codice civile tedesco prevedeva condanne per rapporti sessuali tra uomini (solo dopo decenni è stato abolito). Bauer continuò il suo lavoro e istruì i cosiddetti processi di Auschwitz dove vennero condannati alcuni responsabili del campo di sterminio ma sul caso Eichmann rimase deluso, il processo ai nazisti fatto in Germania dai tedeschi non ci fu.

Diretto da Lars Kraume, presentato in piazza Grande (in Germania il primo ottobre), il film ha un doppio registro intrigante: la caccia ai nazisti boicottata dalla classe dirigente tedesca e la caccia agli omosessuali, oltre a svelare una storia poco nota, resa pubblica solo dieci anni dopo la morte di Bauer.