Norman Lewis, britannico, era ufficiale dell’intelligence alleato a seguito dell’esercito americano durante la seconda guerra mondiale. Nel 1978 ha scritto Naples ’44 un libro straordinario in cui racconta la sua esperienza dallo sbarco a Salerno nel settembre del 1943, con relativa carneficina, fuoco amico e smarrimento seguito dall’immensa stupefacente emozione di fronte allo sbucare improvviso dei templi di Paestum, poi il lungo soggiorno a Napoli con incarichi spesso delicati, come quello di istruire e dare parere sulle richieste di matrimonio tra soldati alleati e ragazze del posto. La caratteristica principale del suo racconto sta nel fatto di essere una persona colta e curiosa, attenta alle persone, quindi in grado di percepire aspetti che i suoi commilitoni più grezzi non riescono neppure a ipotizzare, tantomeno a cogliere. Nonostante i tempi terribili il suo approccio è quello dei viaggiatori dell’Ottocento. La sua fascinazione per la cultura napoletana e per la sua popolazione messa a così dura prova dalla guerra è sintetizzabile nella frase in cui afferma che se avesse l’opportunità di scegliere dove poter nascere sceglierebbe Napoli.

Sulla base del libro Francesco Patierno ha confezionato un lavoro prezioso dallo stesso titolo, presentato ieri alla Festa di Roma. Prima selezionando i brani di Lewis (affidandoli a Benedict Cumberbatch per la versione inglese e Adriano Giannini per l’italiana) poi lavorando sui materiali cinematografici. Pescando indifferentemente dai repertori d’archivio dell’epoca, ma anche da documentari successivi come Il miracolo di san Gennaro di Emmer, che dai film di fiction passando indifferentemente dagli uni agli altri. Ecco allora il fantastico Totò succedere alla foto di un militare statunitense con le mani sui seni di due ragazze. Mastroianni elegantissimo nel raccontare orride vicende culinarie cui si contrappone il racconto straziante di un gruppo di ragazze cieche e affamate accanto a gente che può permettersi di mangiare al ristorante.

Comma 22 con Alan Arkin «amante» della Carlisi e i bassi popolati e non solo popolari. La «liberazione» alleata di Napoli è un brutto affare che dà fiato alla camorra, che favorisce la prostituzione, che sconvolge ogni equilibrio. Le bombe naziste a scoppio ritardato continuano a fare danni, oltre a quelli ordinati prima dal generale Clark, c’è poi un esodo biblico dovuto al sospetto che fosse minato l’intero apparato elettrico urbano, non bastassero la miseria e la guerra, il tifo e la fame ci si è messa anche la natura con il Vesuvio che ha eruttato e si è mangiato il paese di San Sebastiano. Patierno, attraverso Lewis, racconta e registra tutto, compresa l’empatia e la commozione quando a subire le conseguenze della guerra sono dei bambini. Che se sopravvivono diventano scugnizzi, ragazzini che devono inventarsi come campare e uno lo si vede mentre vestito con un cappotto cammina scalzo sulle macerie.

Il lavoro cinematografico realizzato da Francesco Patierno è davvero complementare e all’altezza di quello letterario compiuto da Norman Lewis. Alla fine ferita, devastata, bombardata e violentata è un’intera città che sembra voler uscire dall’incubo urlando contro la guerra. Contro tutte le guerre.