Diciotto morti al giorno negli ultimi tre mesi scarsi, per un totale 1.600 morti. Che diventano 1.889 se si comincia a contare dall’inizio dell’anno. Sono i migranti che hanno perso la vita nel Mediterraneo nel tentativo disperato di arrivare in Europa. Vittime della violenza degli scafisti, ma anche del maltempo o semplicemente della poca affidabilità dei rottami sui quali sono costretti a viaggiare ammassati all’inverosimile. A fronte di questa strage silenziosa, ci sono i 113mila disperati che nelle stesse acque e nello stesso periodo di tempo l’operazione Mare nostrum ha tratto in salvo, arrivando a prenderli quasi ai confini con le acque territoriali libiche.

A ricordare i dati è stata ieri da Ginevra Melissa Fleming, portavoce dell’Unhcr, l’alto commissariato della Nazioni unite per i rifugiati, per la quale un intervento comune dei Paesi dell’Unione europea per far fonte alla crisi dettata dall’immigrazione dal nord Africa ormai non è più rinviabile. E a sottolineare l’urgenza del momento, da New York le ha fatto eco un portavoce dell’Onu invocando anche lui «un intervento internazionale». Cifre e sollecitazioni che arrivano praticamente nelle stesse ore in cui a Roma, nella sede della direzione centrale dell’immigrazione e delle polizia di frontiera, tecnici del governo italiano si confrontano con rappresentanti della commissione europea e di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, alla ricerca di una soluzione che consenta all’Italia di non ritrovarsi più da sola nel soccorrere ogni giorno migliaia di uomini, donne e bambini in fuga da fame, violenze e guerre. Un vertice tecnico pensato per mettere a punto una serie di possibili soluzioni che oggi il ministro Alfano discuterà a Bruxelles con il commissario agli affari interni dell’Ue Cecilia Malmstrom. Sempre che si sia riusciti davvero a colmare le distanze esistite finora tra i desiderata del governo italiano e la volontà (poca) dimostrata dall’Ue di non lasciare sola la nostra marina militare nelle operazioni di soccorso nel canale di Sicilia.

Che l’Europa debba fare di più non ci sono dubbi. Lo sa anche Cecilia Malmstrom che all’indomani di ogni tragedia del mare promette interventi che finora però non si sono visti. Il problema vero è che quando nel 2004 venne fondata Frontex – che oggi Alfano vorrebbe sostituire a Mare nostrum – l’agenzia fu pensata solo per operazioni di controllo delle frontiere e oggi è del tutto inadatta per interventi come quelli che da undici mesi conduce la nostra marina. Quindi andrebbe ripensata completamente, rafforzandola con maggiori mezzi e finanziamenti. Basti pensare che il budget per il 2014 di Frontex ammonta a poco più di 89 milioni di euro, dei quali solo 21 destinati alle operazioni in mare, contro i 9 milioni e mezzo di euro al mese di Mare nostrum (soldi totalmente presi dal bilancio della Marina militare).

E’ chiaro che stando così le cose, il desiderio di Alfano di vedere le navi dell’agenzia europea sostituire quelle italiane, è destinato a rimanere per l’appunto solo un desiderio. Al ministro i tecnici della commissione europea hanno spiegato che un’ipotesi sulla quale lavorare più concretamente riguarda invece la possibilità di affiancare alle navi della nostra marina quelle di Frontex, rafforzata con mezzi aerei e navali in più messi a disposizione da altri Paesi europei e magari dividendo le aree di intervento in modo da non lasciare più tutto il carico di lavoro solo all’Italia.

Resta però ancora da trovare risposta a un’incognita non da poco. Le navi non italiane che interverranno in futuro in operazioni di salvataggio, dove porteranno i profughi raccolti in mare? Finora nessun Paese si è detto disponibile ad accogliere nuovi migranti, che quindi continuerebbero a sbarcare nei nostri porti, obbligati poi dai regolamenti europei a restare in Italia nonostante Alfano abbia chiesto più volte la possibilità per i profughi di potersi trasferire in Nord Europa, vera destinazione per la stragrande maggioranza di loro.

La parola passa adesso alla politica, quando alle quattro di oggi pomeriggio Alfano incontrerà la commissaria Malmstrom. Di sicuro un’eventuale soluzione al problema non sarà di immediata attuazione. Intanto perché Mare nostrum non si può interrompere senza rendersi complici di nuovi e più pesanti stragi nel Mediterraneo.E poi perché un eventuale accordo tra Alfano e Malmstrom richiede comunque tempi tecnici di attuazione lunghi, al punto che il parziale disimpegno italiano non potrebbe cominciare prima di quattro mesi. Prima tappa il prossimo consiglio dei ministri degli Interni Ue in programma per il 9 e 10 ottobre prossimi, dove Alfano porterebbe il pacchetto di proposte messe a punto in questi giorni e che devono essere approvate. Dopo di che ci vorrebbero ancora almeno altri tre mesi per dare avvio alle operazioni.