Una festa perfettamente intonata allo spirito della Accademia Filarmonica Romana ne ha celebrato il duecentesimo compleanno, mercoledì 8 dicembre, riunendo in una serata non soltanto di grande qualità musicale, ma satura di affetti e di verve, artisti delle principali istituzioni musicali romane, confluiti sul palcoscenico del Teatro Argentina in una sorta di abbraccio ideale. Tutti i brani scelti per l’accuratissimo programma, ideato da Andrea Lucchesini in conclusione della sua direzione artistica, erano in stretta relazione con la parabola storica e espressiva della Filarmonica, perché datati nell’anno della sua fondazione o immediatamente dopo – è il caso delle due arie per voce e pianoforte di Gioacchino Rossini, Beltà crudele, cantata dal soprano Sharon Celani, e Canzonetta spagnuola, interpretata dal mezzosoprano Irene Savignano, così come dei 4 Lieder di Schubert – Sei mir gegrüsst D 741, Geheimes D 719 (Savignano) Die gefangenen Sänger D 712 (Celani), Schwanengesang D 744 (Savignano) – o perché composti da musicisti che sono stati, a vario titolo, determinanti per il suo prestigio. Di Giovanni Sgambati, che come ricorda Daniele Carnini nel programma di sala «alla Filarmonica diede trent’anni di vita e la spinse quasi oltre le sue possibilità organizzando memorabili e colossali concerti», Carlo Maria Parazzoli al violino e Andrea Lucchesini al pianoforte hanno eseguito Gondoliera Op. 22, e la Serenata napoletana op. 24 n. 2, nella trascrizione di Antonius Bouman per violoncello e pianoforte (con Luigi Piovano e Lucchesini); di Alfredo Casella, il cui impegno appassionato per la Filarmonica gli è valso la dedica di una storica sala, sono state eseguite la Barcarola e Scherzo op. 4, e la Sicilienne et Burlesque, entrambe per flauto (Andrea Oliva) e pianoforte. Di Felix Mendelsshon che, come Rossini, della Filarmonica divenne socio onorario, Luigi Piovano e Andrea Lucchesini hanno interpretato la Sonata n. 2 in re maggiore op. 58. In chiusura la Suite italienne per violino e pianoforte, tratta dal balletto Pulcinella, di Igor Stravinskij, che alla Filarmonica eseguì alcuni lavori in prima assoluta.
Allo spirito di condivisione cui chiama idealmente la musica è stata dedicata anche la scelta dei pezzi fuori programma, che hanno impegnato insieme le due cantanti – nel duetto «Voga, o Tonio benedetto» da La Regata Veneziana, una delle Soirées Musicales composte da Rossini a Parigi tra il 1830 e il 1835; e l’Allegro molto della Sinfonia in Sol minore K 550 di Mozart trascritto da Muzio Clementi per flauto, violino, violoncello e pianoforte.

LA DIREZIONE artistica di Andrea Lucchesini ha affrontato questi anni di impossibili concerti in presenza smarcandosi dalla prassi di anticipare le derive estetico-conformistiche del pubblico, e anzi avendo a cuore (anche) l’aspetto implicitamente formativo, che dovrebbe essere intrinseco a una istituzione musicale. Ha dunque organizzato, fra l’altro, incontri in remoto tra musicisti, per discutere l’interpretazione di alcuni brani musicali, con la proiezione di storiche esecuzioni. Se è vero che ogni forma seria di arte, di musica, o di letteratura è un atto critico, «una critica della vita» – secondo Matthew Arnold – perché frutto della tensione fra le costrizioni contingenti e le possibilità illimitate della fantasia, Lucchesini ha interpretato il suo mandato innervandolo di una passione civile e musicale che, del resto, accompagna non solo la sua attività concertistica ma anche la sua dedizione all’insegnamento.
Gli succede un altro grande interprete di risonanza internazionale, il violoncellista Enrico Dindo, al quale si augurano stagioni meno complicate di quelle immediatamente alle spalle.