La manifestazione nazionale di sabato, contro le privatizzazioni in difesa dei beni comuni, ha evidenziato almeno due punti di novità. Il primo comprende la consapevolezza di come i poteri economici e finanziari, supportati ormai non solo dalla destra ma anche dal socialiberismo renziano, stanno rielaborando la loro strategia. Per spiegarlo ci soccorrono le “illuminanti” parole dell’editoriale di Adriana Cerretelli (Il Sole 24 Ore, domenica 18).

«Tra impegni presi con il fiscal compact per tagliare il mega-debito pubblico- si legge- crescita economica ben al di sotto del livello necessario a garantirne la sostenibilità e capitali nostrani che scarseggiano, per fare cassa non ci sono molte alternative alle privatizzazioni». In altri termini si sta sviluppando un’iniziativa che si snoda attraverso la voluta elusione del risultato referendario di 3 anni fa, disinnescando il forte significato evocativo e simbolico del tema dell’acqua, per rilanciare l’idea di fondo di nuove privatizzazioni a tutto campo, dalle grandi aziende pubbliche nazionali alle “municipalizzate” da accorpare, cioè privatizzare, basandosi sulla presunta inefficienza del pubblico e sulla sua occupazione da parte della “casta”. Ora, di fronte a questo scenario – e qui sta il secondo importante elemento di novità che il corteo di sabato ha reso visibile- si comincia a costruire una un’alleanza sociale di tutti i soggetti che si battono per i beni comuni. Chi ha dato uno sguardo alla manifestazione se n’è potuto rendere conto: lì non c’era solo il movimento per l’acqua pubblica, ma anche quello per la casa e il diritto all’abitare, i soggetti, a partire dal movimento degli studenti, che si battono per la cultura e l’istruzione pubblica, le tante realtà che lottano contro la devastazione ambientale, quelle contro le grandi opere e molti altri ancora accomunati al contrasto della logica delle privatizzazioni e per l’affermazione dei beni comuni. E ciò, peraltro, riflette un processo in corso da diverso tempo: dalla centralità del movimento per l’acqua che, soprattutto nella stagione referendaria, ha avuto il merito di costruire attorno al fondamentale bene comune una narrazione che è diventata paradigma di tutti i beni comuni, siamo e stiamo passando al fatto che si sono ampliati i movimenti impegnati su diverse tematiche, dalla cultura al patrimonio pubblico, dalla scuola alla casa che rappresentano altrettanti beni comuni.

Occorre proseguire su questa strada, senza avere ricette precostituite. Penso, per esempio, all’ iniziativa che si sta sviluppando a Roma sulle 4 delibere di iniziativa popolare comunale, che intervengono sui temi della ripubblicizzazione di Acea, sulla finanza pubblica, in difesa del patrimonio e della scuola pubblica. Qui si intravede un percorso che, proprio nel momento in cui costruisce elementi di connessione tra i vari beni comuni, in realtà ragiona di un possibile modello alternativo dello spazio cittadino e del territorio.

Ovviamente inoltrarsi su questo terreno non significa, anzi, rinunciare alle specificità: per stare al movimento per l’acqua, ad esempio, ciò comporta non solo il fatto di dare continuità alle campagne, da tempo in corso, per vedere rispettato l’esito referendario, ma anche di procedere lungo un’iniziativa che guarda alla possibilità di “costituzionalizzare” il diritto all’acqua e i diritti della natura. Ancor più, diventa necessario dare respiro a questo possibile nuovo corso dei movimenti per i beni comuni, sviluppando con coerenza il punto di analisi per cui ora bisogna collocarsi anche sul terreno di un’alternativita’ generale rispetto alle proposte di politica economica e sociale e delle forme decisionali ad esse corrispondenti.

Da questo punto di vista, non c’è dubbio che le questioni del debito e del contrasto alla scelta nefasta di aver introdotto il pareggio di bilancio in Costituzione, da una parte, e il tema delle forme della democrazia, con l’intento di ampliare quelle di carattere partecipativo contro una prospettiva presidenzialista, costituiscono altrettanti punti decisivi per stare in campo nella prossima fase. E’ possibile dare vita ad un’ampia coalizione sociale, riprendere il percorso dell’autunno scorso che aveva visto in campo un’iniziativa forte sul tema dell’attuazione della Costituzione, soprattutto legando quest’impostazione non ad un’idea difensiva, ma, per usare un’affermazione un po’ pomposa, alla necessità di aprire una nuova fase costituente nella vita del Paese.

Infine, la manifestazione di sabato riafferma l’autonomia dei movimenti sociali, anche rispetto alle scelte di fondo che riguardano gli assetti economici e sociali del Paese. È un dato, per fortuna, irreversibile, un elemento di ricchezza, non sempre pienamente raggiunto, che guarda alla politicizzazione della società, che va ben al di là delle teorizzazioni, per me assai inadeguate, relative al ruolo della cosiddetta società civile. E che, peraltro, rimanda ad un punto irrisolto della situazione del caso italiano, che, sul piano della sfera politica, oggi vede il contemporaneo protagonismo di tre populismi. Mi riferisco in specifico al fatto che, in estrema sintesi, non esistendo più una sinistra politica adeguata nel Paese, la stessa iniziativa dei movimenti di per sé è destinata a giungere a limiti “intrinseci” rispetto alla modificazione di fondo dei rapporti sociali e di potere. E dunque fa emergere il tema della costruzione di una nuova soggettività politica di una sinistra adeguata ai tempi odierni, che per quanto mi riguarda, come ho già avuto modo di dire, non può che basarsi sulla radicalità dei contenuti esprimendo uno sguardo maggioritario nella conquista del consenso sociale e anche nell’innovazione delle forme della politica. La mia opinione personale è che questa possibile prospettiva sta anche in un buon risultato elettorale della lista l’Altra Europa con Tsipras.

*Forum movimenti per l’acqua