Torna l’incubo terrorismo islamista in Germania. E dopo decine di falsi allarmi – e dopo Nizza – deflagra il primo vero attentato rivendicato da Daesh. Succede lunedì sera a Ochsenfurt, in Baviera, a bordo del treno regionale diretto a Würzburg: tra i pendolari spunta Riaz A., afghano di 17 anni, armato di ascia e coltelli che grida «Allah è grande» prima di ferire gravemente 4 passeggeri e venire ucciso dalle forze speciali della polizei.

Vittima un’intera famiglia di Hong-Kong (marito e moglie 60enni insieme alla figlia di 27 anni e al suo fidanzato di 31) mentre si è salvato dai colpi di scure il quinto componente del gruppo di turisti. Due degli aggrediti sono tuttora in pericolo di vita.

A casa dell’attentatore la polizia ha sequestrato una bandiera dell’Isis (fatta a mano) insieme a scritti «jihadisti» utili a ricostruire l’identikit del primo martire dello Stato islamico in Germania. Era un richiedente asilo, minore non accompagnato, appena congedato dal centro-profughi di Ochsenfurt che lo ha ospitato per due anni e poi affidato a una famiglia.
«Non abbiamo ancora tutte le informazioni su Riaz A. Non è chiaro se abbia agito solo o con complici, e non è escluso che si sia auto-radicalizzato. Sappiamo che frequentava la moschea ma solo nei giorni di festa» riassume il ministro dell’interno della Baviera Joachim Herrmann, comunque propenso alla natura «autonoma» dell’attacco.

Herrmann invita alla prudenza nella ricerca del movente, mentre si definiscono i termini dell’attentato. Secondo i testimoni a bordo del treno RB-58130, Riaz A. avrebbe iniziato l’aggressione poco dopo le 21.15 fendendo calci e pugni prima di calare scure e coltelli sulla famiglia cinese. «Sembrava di stare in un macello. C’era sangue dappertutto» raccontano alcuni tra i 20 passeggeri, gli stessi che hanno tirato il freno di emergenza e chiamato la polizia.

Pronta e preparata, ma solo per caso. La squadra d’assalto «Sek» intervenuta si trovava «fortuitamente» nei paraggi della linea ferroviaria, all’inseguimento di un trafficante di droga. Da qui l’intervento immediato, con l’uccisione del 17enne e l’evacuazione del convoglio bloccato nella campagna di Heidingsfeld. Poche ore dopo Amak, l’agenzia di informazione di Daesh, ha rivendicato l’attentato: «Il martire caduto in Germania era un nostro combattente».

In parallelo si registra l’allarme dei ferrovieri tedeschi, lasciati soli ad affrontare la minaccia non solo dell’Isis. «La violenza su persone inermi è un problema sempre più grave», denuncia Uwe Reitz, portavoce delle ferrovie Evg, alla Süddeutsche Zeitung. «Da mesi chiediamo di rafforzare le pattuglie sui treni» aggiunge.

Punta il dito (via Twitter) contro le forze dell’ordine anche l’ex ministra dell’agricoltura Renate Künast cui non “torna” l’uccisione dell’attentatore. «Perché gli agenti non lo hanno catturato vivo?» chiede la politica dei Grünen (prima della presa di distanza del suo stesso partito). «Aveva tentato di aggredire anche noi» risponde Rainer Wendt del sindacato di polizia rivelando che è comunque in corso un’indagine sulle modalità di azione del «Sek». Un altro sintomo dell’alta tensione in Germania.

Sono passate appena otto settimane dall’attacco mortale sul treno S-4 nella stazione di Grafing (alle porte di Monaco) del 10 maggio scorso. Allora, Paul H., 27 enne con problemi psichiatrici e di tossicodipendenza, aveva aggredito a colpi di machete altri 4 passeggeri sempre al grido di «Allahu Akbar». Un attentato per niente islamico e frutto solo della follia mentale di un «disturbato», che costò comunque un morto e tre feriti gravi. In precedenza una serie di falsi allarmi aveva sconvolto la quotidianità della Bundesrepublik: a gennaio c’erano stati due allarmi-bomba alla stazione di Monaco mentre a ottobre 2015 era emerso il “piano” per un attentato dinamitardo durante la partita di calcio Germania-Olanda allo stadio di Hannover, che venne evacuato. Ma erano solo sospetti.

Ora si cerca di capire la realtà del «martirio» dell’adolescente Riaz A. E non aiuta certo la scheda del suo passato: privilegiato al punto di vivere in famiglia anziché nell’Asylheim, “vincitore” di uno stage di apprendistato e con la prospettiva di un lavoro in panetteria.
L’unica certezza, per adesso, è che a pagare il prezzo più alto dell’attentato in Baviera sarà la cancelliera Angela Merkel e la sua «politica delle porte aperte» ai profughi…