Sono stato alla Fiera del Cicloturismo organizzata a Milano da Bikenomist: la prima del suo genere nel paese subalpino meta ogni anno di migliaia di viaggiatori in bici, in larga parte germanofoni ma non solo. Pur essendo il nostro un paese meta sta troppo timidamente dotandosi non solo di poche strutture dedicate ma anche di vari percorsi ciclabili – non importa se protetti o no come la ciclabile del Danubio, bastano zone poco trafficate come la Ciclovia del Baltico. Ma da qualche anno ci sono progetti come la Ciclovia dell’Acquedotto pugliese, o la Ven-To lungo il Po, e stentano a partire per la dannata inerzia che funesta un territorio meraviglioso.

Vado dunque a Milano a vedere che succede. La Fiera era nella Fabbrica del Vapore e all’ingresso vedo un mercato contadino e molta gente che si aggira. Attribuisco la folla al mercato (è sabato) e cerco invece la mia destinazione, che ritengo di nicchia. Mai niente di più sbagliato: nel mercato c’erano 4 gatti e la folla stava andando alla Fiera. Resto sbalordito alla fila lunghissima, e mi dicono che era iniziata un’ora prima dell’apertura della manifestazione. All’interno un parcheggio per 300 biciclette, pieno. Alla fine della manifestazione sono state conteggiate 1.300 bici. Vedo uno degli organizzatori passarmi davanti con lo sguardo imbambolato, quasi stordito da ciò che stava vedendo e che mai avrebbe creduto.

Circa 50 espositori e nessun produttore di biciclette, in gran parte aziende regionali o private che proponevano vacanze in Italia o all’estero (Irlanda, Gran Canaria che era lo stand più preso d’assalto insieme a quello della Sicilia), dibattiti tematici che spaziavano dalle esperienze di viaggio con protagonisti di livello o misconosciuti, a laboratori di meccanica di base, biomeccanica, allenamento. Il mio preferito è stato quello sull’alimentazione, memore di una tremenda cotta presa in Siberia perché a secco di cibo (ma la docente mi avrebbe tagliato le mani se mi avesse conosciuto, dice che l’alcol «No», semmai a fine giornata, e poco, e birra).

E la gente continuava ad arrivare. La sala dei dibattiti era sempre piena e bisognava contingentare causa Covid; persone di tutti i tipi, da famiglie piene di bambini a persone anziane che meditavano lunghi percorsi grazie alla pensione. Pochissimi si alzavano dalle sedie, ho dovuto servirmi del pavimento, come molti altri. Il conteggio totale è stato di circa 15.000 persone, conteggiate con le prenotazioni online, i braccialetti e un margine di

eccesso per chi tornava una o più volte nei due giorni, più quelli in quota anarchica che non prenotavano.
Con i miei ormai ventennali amici di bici, quelli dei tempi delle prime Critical Mass, riuscivamo solo a cinguettare la meraviglia di quella folla pazzesca che mai nella vita avremmo immaginato. Sarà la pandemia, sarà l’incertezza del momento, ma la voglia di viaggiare in bici si tagliava col coltello. Ma non l’ha saputo nessuno: solo un servizio su Rainews e un breve articolo sulla Gazzetta dello Sport. Siamo seduti sul tesoro dei Nibelunghi ma riusciamo solo a starnazzare sui prezzi dei carburanti. Ci meritiamo il momentaccio.