Da Torino a Taranto, da Roma a Pordenone si prepara lo sciopero sociale che venerdì 14 novembre vedrà decine di manifestazioni in tutto il paese contro il Jobs Act e le politiche del lavoro del governo Renzi. Sono al momento sedici i «laboratori» nati dallo «strike meeting» tenuto a metà settembre alle Officine Zero occupate nel quartiere Portonaccio di Roma. Domenica scorsa, c’è stata una nuova assemblea nazionale, sempre alle Officine Zero, dove è stato stilato un primo bilancio. In poco meno di due mesi la rete dello sciopero sociale ha dato vita a una suggestiva mobilitazione in rete, dove le sagome di decine di lavoratori e lavoratrici precarie incrociano le braccia e prendono la parola. Cercano così di dare un volto al lavoro precario frammentato e ricattato. La campagna è diventata così virale da avere contaminato il manifesto della Fiom che chiama allo sciopero generale e al corteo di Milano, previsto lo stesso giorno. Con la differenza che qui, a incrociare le braccia, è solo la sagoma di un operaio edile, mentre le figure degli altri precari (si intravvede anche il profilo di un famoso logo di movimento Serpica Naro) che lo accompagnano le hanno messe dietro le spalle. Gli «strikers» hanno diffuso tre «dichiarazioni» dove analizzano i contenuti del Jobs Act, della riforma Poletti sul contratto a termine “acausale” e prospettano alcune soluzioni: abolizione delle 46 forme contrattuali della legge 30; un salario minimo europeo da 10 euro; un reddito di base universale e una delle battaglie più sentite nel quinto stato: la retribuzione di tutti i lavori, «che siano sotto forma di stage, tirocini, prove, volontariato o freejobs». I laboratori dello sciopero sociale dicono «No» all’accordo sindacale per Expo 2015 che per la prima volta nel diritto del lavoro italiano ha codificato il ricorso al «lavoro gratuito». Venerdì 14 novembre a Milano in piazza ci saranno anche loro con lo slogan «scioperiamoexpo». Alla rete dello sciopero sociale partecipano i sindacati base Usb, Cobas, Adl Cobas, Unicobas, Cub e Usi. Per Piero Bernocchi il 14 sarà l’occasione di scioperare contro la riforma Renzi-Giannini della scuola. «Vogliamo coinvolgere parti significative del piccolo lavoro “autonomo”, schiacciato dalla crisi quanto quello dipendente, i giovani delle partite Iva e delle decine di tipologie di precariato – afferma – rifiutiamo i presidi-Marchionne con il potere di assumere e licenziare i docenti, l’abolizione degli scatti di carriera sostituiti da miseri scatti di presunto “merito”, l’ingresso delle imprese negli istituti scolastici, il sistema di valutazione nazionale con i grotteschi quiz Invalsi». Per la scuola sarà la quarta mobiltiazione in cinque settimane.