Gianni Ferrara giurista, militante, compagno, uomo politico, studioso e tante altre cose tutte assieme è stato ricordato ieri pomeriggio dagli amici e dai colleghi, a poco più di un mese dalla sua scomparsa. Il ricordo è stato organizzato da Gaetano Azzariti, che poi ha chiuso oltre tre ore di interventi con tre righe di Fenoglio: «Ecco l’importante: che ne restasse sempre uno». L’incontro avrebbe dovuto tenersi nella facoltà di giurisprudenza della Sapienza, così sarebbe piaciuto a Gianni che ha insegnato lì per trent’anni (mentre non ha voluto che fossero celebrati funerali). Il Covid lo ha impedito, ma per aprire la riunione di ieri in videoconferenza il preside della facoltà di Roma, Oliviero Diliberto, ha voluto dare un segno collegandosi dal suo studio in facoltà.
Aldo Tortorella ha parlato del Ferrara dirigente politico comunista, dopo l’addio al partito socialista seguito al Midas. Lorenza Carlassare ha inviato un messaggio per ricordare i «lunghi anni di pensieri condivisi, di speranze, illusioni e disillusioni». Massimo Villone ha detto che Ferrara gli è stato maestro, ma non nel senso accademico visto che i loro lavori di ricerca sono andati lungo binari diversi, ma in maniera più profonda quando lo ha fatto riflettere sul dovere del costituzionalista di dare battaglia.

Con ammirazione e a tratti anche con commozione sono intervenuti per ricordare Gianni (brevemente, perché l’incontro ha avuto fino a 120 persone collegate) anche Luigi Ferrajoli, Mario Dogliani, Franco Ippolito, Massimo Brutti, Pietro Ciarlo, Giovanni Russo Spena, Marco Ruotolo, Laura Ronchetti, Francesco Bilancia, Paola Marsocci, Alfonso Gianni, Totò Cercati, Mauro Volpi e Claudio De Fiores che ha raccontato come i tanti libri della biblioteca di Ferrara sono stati donati secondo le sue volontà all’Università Vanvitelli che ha sede a Caserta. «Mi fa piacere pensare – aveva detto Gianni, che era nato a Casal di Principe e cresciuto a Orta di Atella – che uno studente del mio paese possa apprendere il diritto sfogliando i miei stessi libri».
Quella biblioteca nello studio di Ferrara in via Cavour a Roma adesso è vuota, ha detto con commozione il figlio di Gianni, Luigi, intervenuto anche lui insieme a sua moglie Peggy Preciado. Più di un intervento ha ricordato il rapporto speciale di Ferrara con il manifesto, per il quale ha scritto per quarant’anni legato com’era al nostro giornale – lo ha scritto lui stesso – da una «implacabile consonanza».