Volevano catturare l’attenzione del paese sulle falle del sistema della conoscenza e sulle crepe delle loro scuole i circa 100 mila studenti scesi in piazza in ottanta città. Cinquemila a Roma, 2500 a Napoli, 4000 a Bari, 5000 a Milano, 4500 a Torino, 1000 a Genova e diverse migliaia tra Cosenza, Trieste, Pisa, Siena, l’Aquila, Salerno, Caserta, Catania, Siracusa, Bologna.

Queste le cifre diffuse dall’Unione degli studenti, che ha promosso la manifestazione «Non c’è più tempo». Una settimana dopo quelle organizzate dalla rete Studaut e un giorno prima del corteo «La Via Maestra» per l’attuazione della Costituzione, Rete degli studenti e Uds hanno convocato il secondo appuntamento dell’autunno caldo, coniando per l’occasione lo slogan «Si legge scuola, si scrive futuro».

«Non c’è contraddizione tra i contentuti della manifestazione della scorsa settimana e quelli di oggi – dice Giuseppe del liceo Righi – sono sceso in piazza in entrambe le occasioni e credo di partecipare anche ai prossimi cortei organizzati per questo ottobre. Come studente e cittadino spero in un futuro meno condizionato dall’austerity e so che questo tema non può prescindere dalla politica sulle delle grandi opere».

A Roma il corteo si è aperto con lo striscione «Le scuole pagano le spese delle crepe del Paese». Dice in proposito Sara Vallerani (Uds): «I 400 milioni stanziati quest’anno nel decreto scuola bastano a malapena per ristrutturare tutti i licei della capitale. Ci vorrebbero ben altre risorse, ma purtroppo hanno deciso di rifinanziare l’acquisto degli F35». Non sono mancati anche a Roma gli attacchi alla Bossi-Fini. Una rappresentanza di migranti era fra le prime file del corteo a Roma. Durante la manifestazione a Bologna è stato organizzato un flash mob in memoria delle vittime del naufragio di Lampedusa.

Anche a Milano, lungo il tragitto del corteo, gli studenti si sono fermati in Piazza Meda e hanno ricordato per un minuto le vittime della tragedia. Un gruppo di circa 400 studenti si è staccato dal corteo, ha cercato di raggiungere la Provincia per poi dirigersi verso l’agenzia delle Entrate in via Manin. Qui sono stati accesi fumogeni, lanciate uova contro la sede dell’agenzia e sono stati scanditi slogan contro l’Expo.

Un altro gruppo composto da una decina di ragazzi è riuscito ad entrare nella sede del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Da qui vanno i fondi alle Tav e alle altre grandi opere, mentre noi vogliamo i soldi per la scuola», ha detto un manifestante. «Siamo stufi di edifici inagibili o di dover stare in 30 in classe». Il loro slogan è stato «Una sola grande opera, scuola e reddito per tutti!»,che richiama quello del corteo romano del 19 ottobre contro l’austerity.

L’insostenibilità dei costi dell’istruzione è un altro tema scottante per gli studenti. «Oggi – ci ha detto a Roma Lorenzo Lang (Gioventù comunista) – i genitori, con le tasse e con le spese, finanziano due volte l’istruzione dei loro figli». L’ultimo decreto del Ministero dell’Istruzione prevede 15 milioni per sovvenzionare trasporti e ristorazione per gli studenti «meritevoli» e in difficoltà».
Dagli studenti medi, che a Roma e in numerose città si sono fermati davanti agli uffici scolastici regionali, è giunta anche la richiesta di una legge quadro nazionale sul diritto allo studio. «Oggi- precisa ancora Daniele Lanni- la competenza sul diritto allo studio è regionale: infatti in Veneto esistono i buoni scuola e in Sicilia non ci sono leggi ad hoc. Stiamo costruendo un sistema con scuole di serie B e serie C e all’Università c’è il numero chiuso».

Forte la sintonia tra studenti medi ed universitari che ieri sfilavano fianco a fianco: il corteo capitolino si è concluso davanti alla Sapienza, dove Valerio dell’Udu ha ricordato che «I governi in questi ultimi anni hanno umiliato la status di studente. Nel più grande ateneo d’Europa, massacrato dalla crisi, governano i baroni e il potere della rappresentanza studentesca, dopo la legge Gelmini , è ridotto ai minimi termini».