La legislatura rotola verso la fine e inevitabilmente dà il peggio di sé. Non è la prima volta che accade, ma questa evidenza statistica non ci consola. Questa involuzione, infatti, potrebbe pregiudicare i risultati ottenuti negli anni difficili che sono alle nostre spalle.

Ricordiamoli rapidamente: dopo la condanna europea del 2013 per il sovraffollamento inumano e degradante delle nostre carceri, anche grazie ad alcune misure legislative ad hoc, la popolazione detenuta tra il 2014 e il 2015 è diminuita di diecimila unità, tornando a livelli commensurabili con la capienza degli istituti e con la storia penale italiana; nel febbraio 2014 la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi, cancellando le norme più odiose della legislazione sulle droghe; qualche mese dopo viene introdotta la messa alla prova per gli adulti e la legge 81 del 2014 dà il via al superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari e cancella gli ergastoli bianchi delle misure di sicurezza senza fine.

In questi ultimi mesi, invece, l’ansia di «portare a casa» prima del termine della legislatura provvedimenti contestati o di bandiera rischia di compromettere quei risultati e di esporci nuovamente sul crinale dell’abuso del carcere, della pena, del controllo penale e amministrativo.
Ne conosciamo la sequenza. Il disegno di legge di riforma dell’intero sistema di giustizia penale, legittimamente perseguito dal Ministro Orlando, porta con sé – tra le altre – la polpetta avvelenata della trasformazione delle nuove Residenze sanitarie per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) in tanti piccoli ospedali psichiatrici giudiziari, con il rischio che rientri dalla finestra il manicomio criminale che era stato accompagnato all’uscio dalla sollevazione popolare e istituzionale seguita allo scandalo svelato nel 2011 dalla Commissione d’indagine del Senato sul Servizio sanitario nazionale.

Giustamente il Presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, ha sollevato il problema istituzionale che impone a parlamento e governo di concordare con le Regioni modifiche della legislazione nazionale che possono avere un enorme impatto non solo sull’organizzazione dei servizi psichiatrici, ma anche sulla loro stessa filosofia (la trasformazione delle Rems in piccoli Opg farebbe tornare dentro il servizio sanitario nazionale l’esperienza manicomiale rifiutata dalla legge Basaglia).

Nel frattempo, il neo-ministro Minniti ha voluto dare il segno della sua assunzione di responsabilità attraverso l’adozione di due decreti-legge sulla sicurezza urbana e sull’immigrazione i cui requisiti di necessità e urgenza appaiono labili, quando non completamente assenti. Molto è stato detto, in queste settimane, sui due provvedimenti. Movimenti e associazioni per i diritti civili hanno legittimamente protestato, ma il governo sembra intenzionato tirare diritto, anche attraverso l’imposizione della questione di fiducia.

Non bisogna essere uccelli del malaugurio per prevedere che la somma di questi provvedimenti amplierà enormemente la platea delle persone sottoposte a controllo penale per fatti di minimo disvalore sociale e di nessuna pericolosità reale: persone senza fissa dimora o con problemi di salute mentale, consumatori di sostanze stupefacenti, migranti irregolari sottoposti a ogni forma di sfruttamento possibile. Non se la sicurezza sia di destra o di sinistra, ma delle conseguenze reali di questi provvedimenti deve rispondere il governo e la maggioranza che lo sostiene.

Ne discuteremo lunedì prossimo, nella sede romana del Parlamento europeo, in occasione di un’assemblea pubblica promossa da Antigone sul destino degli Stati generali dell’esecuzione penale e dell’assemblea annuale della Società della Ragione.