Massimo Zedda è candidato sindaco a Cagliari per il Campo largo, lo stesso che ha portato Alessandra Todde alla guida della Sardegna.

Nelle prossime settimane dovrà decidere se aprire o meno alle forze (Azione, +Europa e Renato Soru) che alle regionali si sono presentate come alternativa alla coalizione guidata dai 5 Stelle e dal Pd.

I Progressisti, il partito di cui Zedda è presidente, prima di scegliere il Campo largo sono stati con Soru. Poi la scelta per Todde, motivata dalla necessità di tenere unite le forze progressiste per battere le destre.

I 5S sono freddissimi sull’ipotesi di allargare ora l’alleanza per le comunali a chi, solo due mesi, fa stava da un’altra parte. La porta non è proprio chiusa, ma quasi.

«Non facciamo liste di proscrizione – ha detto Todde alla presentazione della candidatura di Zedda – In altri contesti abbiamo stretto accordi con Azione e con Iv ma ogni contesto è a sé. L’importante è che ci sia coerenza col progetto del Campo largo».

Zedda, che margini vede per un’alleanza più ampia, a Cagliari?

Credo che si debba dialogare. Dialogare in prima battuta con la città, con le persone alle quali stiamo andando a chiedere il voto. Dialogare a partire dalla politica, cioè da una visione complessiva del futuro di Cagliari.

Cagliari ha problemi economici e sociali aperti che il centrodestra, per cinque anni al governo, non solo non ha risolto ma ha pure aggravato. Sanità pubblica in crisi, difficoltà a trovare una casa per fasce larghe di popolazione specie tra i giovani, rallentamento delle dinamiche di sviluppo con un innalzamento preoccupante dei tassi di disoccupazione.

Su questi temi vogliamo dialogare con le persone e siamo disposti anche a confrontarci con le forze di centro e di centrosinistra che al momento sono fuori del Campo largo: partiti e eventuali liste civiche. A livello regionale il Campo largo ha un suo progetto coerente, premiato dagli elettori.

Questa coerenza va mantenuta nell’amministrazione di Cagliari. Dentro i termini generali del progetto e senza togliere nulla alla sua coerenza può essere utile verificare la disponibilità di altre forze ad attuarlo».

Lei ha detto di volere fare di Cagliari una «città della pace». Come pensa di farlo?

Di fronte alle tensioni che sfociano in guerre devastanti, non soltanto in Ucraina e in Medio Oriente, vanno recuperati i fondamenti di una cultura del dialogo e dell’inclusione. L’Italia ha una tradizione importante. La Firenze di Giorgio La Pira negli anni più bui della Guerra fredda a noi sembra un modello anche per il tempo presente.

Un pacifismo intessuto di confronto e di curiosità verso l’altro, fatto di dialogo e di apertura. Un pacifismo concreto che alla logica della guerra, una logica di distruzione, opponga la logica della pacifica convivenza, in una scelta fattiva di sviluppo delle potenzialità di ciascuno, singoli e popoli, nella reciproca collaborazione. Cagliari, baricentro tra Europa e Medio oriente, può svolgere un ruolo non secondario.

Cosa pensa della decisione dell’università di Cagliari di sospendere la collaborazione accademica con gli atenei israeliani?

Penso che si debba distinguere. No alla collaborazione in progetti di natura militare. Sì in tutti gli altri campi. La cultura non può essere chiusura. La cultura deve essere apertura, confronto, scambio.

E dell’autonomia differenziata, che giudizio dà?

Penso sia il contrario di ciò di cui la Sardegna e il Sud hanno bisogno. Alle comunali competerò con una candidata del centrodestra, Alessandra Zedda, designata dalla Lega. Sul tema dell’autonomia io sto dalla parte del pensiero autonomistico che, in Costituzione, si è tradotto nell’autonomia speciale – da migliorare – riconosciuta alla Sardegna. Alessandra Zedda sta con la visione biecamente egoistica di Matteo Salvini».