Elegantissimo e commosso, stringendo tra le mani i vecchi occhiali e dei fogli spiegazzati Isaac Bashevis Singer ringraziava l’Accademia svedese per il Nobel alla «sua veemente arte narrativa che, legata strettamente alla tradizione culturale ebraico-polacca, fa rivivere la condizione umana universale». Aveva preparato due discorsi: il primo, difensivo e promozionale, fu in inglese; poi, con gesto teatrale, continuò in yiddish, una lingua parlata e scritta per secoli dagli ebrei orientali, gli «ashkenaziti», e considerata fino a quel momento dalla critica letteraria poco più di un dialetto. Il Nobel – affermava Singer – era soprattutto un riconoscimento per quella lingua di...