Syriza, il partito della sinistra radicale di Alexis Tsipras ha vinto le elezioni europee in Grecia. Per la prima volta nella storia recente del paese la sinistra raccoglie la maggioranza relativa dei voti, mandando un chiaro messaggio a tutta l’Europa. È un calcio alle politiche neoliberiste della Troika (Fmi, Ue, Bce) che hanno provocato crisi umanitaria e recessione.

Syriza, secondo gli exit pool confermati anche dai primi risultati ufficiali, ha ottenuto il 26,4% dei voti contro il 23,2% di Nea Dimokratia, il partito di centro-destra del premier Antonis Samaras. Ma il tema che ha prevalso nei dibattiti televisivi di ieri sera è stato comunque la «vittoria» dei neo-nazisti: Alba Dorata (Chrysi Avghi) si è confermata al terzo posto raccogliendo, secondo gli exit pool, il 9,3% dei voti. Per la prima volta la Grecia manda dei deputati neo-nazisti all’europarlamento. «Siamo l’unica forza politica contro memorandum» ha detto Ilias Kasidiaris, deputato e portavoce del partito, chiedendo la scarcerazione immediata del capo dei neo-nazisti, Nikos Michaloliakos.

Un buon risultato, attorno al 8,9% ha ottenuto, nonostante le previsioni negative, Elia (l’Ulivo), formazione politica del centro-sinistra cui partecipa il Pasok, l’altro partner del governo di coalizione. Il Partito Comunista, Kke, ha preso il 6%, mentre To Potami (il fiume), formazione centrista del giornalista Stavros Teodorakis, ha ottenuto, secondo gli exit pool, il 6,5%, una percentuale minore rispetto ai sondaggi d’opinione. Attorno al 3,5% oscillava ieri sera il risultato di Anel (Greci indipendenti), formazione di destra, mentre la Sinistra democratica (Dimar) di Fotis Kouvelis, uscita un anno fa dal governo di coalizione dopo la decisione presa dal premier Samaras di chiudere la radio-televisione pubblica (Ert) ha raccolto appena il 2% dei voti, senza eleggere nemmeno un deputato.

Il risultato ottenuto da Syriza, minore dalla somma dei due partiti di governo, Nea Dimoikratia e Pasok (32,5 rispetto al 42,3% che avevano ottenuto insieme i due partiti alle elezioni del 2009), non scioglie ancora il nodo fondamentale del ricorso anticipato alle urne.
In un primo momento, subito dopo la chiusura delle urne, era sembrato che il premier Samaras potesse aprire la porta a nuove elezioni, ma nel corso della serata i numeri lo hanno riportato sulle sue consuete posizioni. La differenza tra Nea Dimokratia (centro-destra) e Syriza sta a meno di cinque punti (attorno al 3,2%), il centro-sinistra (il Pasok, partner governativo) non è sceso sotto il 5%: i calcoli di Samaras a questo punto non prevedono le urne. Il risultato di Nea Dimokratia alle elezioni amministrative in periferia (conquistate otto regioni su dodici), è un ulteriore argomento per allontanare le elezioni.

E infatti Samaras verso la mezzanotte greca concede poco o niente: «Il governo ha ricevuto un messaggio chiaro, ma Syriza non ha ottenuto l’obiettivo di far cadere il governo, dal momento che il suo slogan era ’oggi votiamo, domani se ne vanno’». Per Alexis Tsipras, invece, «il risultato elettorale toglie ogni pretesto di legittimazione al governo», dunque l’unica soluzione è il ricorso alle urne. Comunque vadano le cose, cresce la dinamica delle sinistre. In attesa di sapere il risultato della piú grande regione del paese, l’Attica, dove vive un terzo della popolazione, dove per il momento la differenza dei voti tra i candidati del centro-sinistra e la sinistra radicale non permette di issare la bandierina.

Il day after sarà piú difficile per Samaras che probabilmente dovrà ricorrere a un rimpasto governativo. Ma la crisi continuerà a essere gestita dai due soliti partiti al potere: Nea Dimokratia e Pasok.
La giornata di ieri non è passata senza problemi. Nelle prime ore del mattino ignoti hanno sparato contro la sede centrale del Pasok, in via Charilaou Trikoupi ad Atene – a sentire i socialisti si tratta di un attacco terroristico – mentre Syriza e To Potami hanno denunciato la mancanza di schede dei propri partiti in vari centri elettorali, sopratutto nella capitale.