Il Pd c’est moi. Elly Schlein ha tentato anche la carta estrema, quella che non è risultata vincente nemmeno nelle mani di uno spregiudicato pokerista come Matteo Renzi: trasformare il principale partito del centrosinistra in un partito personale.

E che abbia tentato di farlo proprio mentre sfoggiava fiera la nuova tessera dem dedicata a Enrico Berlinguer – operazione immagine in risposta alla «questione morale» e già di per sé costata una mezza sommossa degli eredi della cultura cattolico democratica – dimostra quanto la segretaria sia negli ultimi tempi in preda a confusione e improvvisazione.

La diretta Instagram con cui ieri Schlein ha alla fine annunciato che il suo nome non sarà nel simbolo delle europee «perché è una scelta che divide e non rafforza la lista» – ha dovuto ammettere – , è solo una nota di colore sulla confezione di un Pd che vorrebbe essere un po’ glam e un po’ pop ma dove, tra una radicalità che per ora sembra ferma agli slogan e trovate estemporanee, i vecchi nodi restano tutti irrisolti e semmai se ne aggiungono di nuovi e sempre più ingarbugliati.

La redazione consiglia:
Ilaria Salis contro il sogno ungherese di Giorgia Meloni

Spingendo la deriva leaderistica anche oltre la candidatura in Europa dove sa già che non andrà, la segretaria sperava di resuscitare lo spirito delle primarie vinte fuori dal perimetro degli iscritti al partito nascondendo allo stesso tempo il cedimento nella formazione delle liste a tutte le correnti nonché le grane giudiziarie in Puglia e Piemonte e il fenomeno persistente e deleterio del trasformismo. Il Pd c’est moi, appunto, bando alle vecchie incrostazioni, il nuovo sono io e tanto basti.

La retromarcia imposta da una levata di scudi da parte dei dem avviene nel giorno di una disfatta in Basilicata. Il Pd, nonostante la rottura di Pittella che con Azione ha portato la sua cospicua dote al centrodestra, la lista dell’ex candidato dei dem Chiorazzo che pesca nello stesso bacino e l’astensione, alla fine tiene.

Ma il modo disastroso in cui si è arrivati alla candidatura last minute di Piero Marrese ha lasciato un segno pesante, con una coalizione amputata anche per aver subito la pressione del leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte che oltretutto di un Campo largo non guidato da lui (nella speranza di varcare di nuovo il portone di palazzo Chigi come inquilino del palazzo) non sa che farsene. E che dopo il flop del suo Movimento in Basilicata troverà probabilmente il modo di infierire ulteriormente, del resto alle elezioni europee competition is competition . E la partita di Bari che si svolgerà insieme a altri importanti test, dopo la cancellazione delle primarie di coalizione potrebbe rivelarsi meno facile di quanto si immagini.

Le liste Pd delle europee sono poi un mix di amministratori a fine corsa, ex parlamentari e famosi di rango, insieme a esponenti della società civile non altrettanto vip infilati nelle retrovie apparentemente solo per fare numero.

Alle elezioni di giugno, che dal momento del suo arrivo al Nazareno sono per Elly Schlein la prova alla quale un pezzo del partito la aspetta al varco, la segretaria rischia di arrivare già sfibrata. Alternando decisionismo, attendismo e rapide ritirate, rischia di far crescere nel partito la schiera dei detrattori pronti a presentarle il conto. Al voto mancano ormai poche settimane, nuovi passi falsi non sono consentiti. E ormai non dovrebbero più essere nemmeno possibili.