Dopo millenni di onorata carriera – iniziata nella cosiddetta notte dei tempi – gli sciamani – soprattutto in Occidente – sono stati emarginati, criminalizzati, bruciati sul rogo dall’Inquisizione e, in seguito dalla scienza, derisi e liquidati come impostori o superstizioni del passato. Ma, da qualche tempo, le cose stanno cambiando. In un mondo in profonda crisi ecologica, economica, politica e spirituale, si fa strada l’idea che un diverso approccio alla realtà, una diversa considerazione del rapporto tra gli esseri che abitano questo pianeta, sia non solo possibile, ma necessaria e urgente. E a questo buon proposito gli sciamani, e le culture di cui sono espressione, paiono non più relitti del passato, ma l’avanguardia di una rivoluzione. Ne parliamo con Matteo Guarnaccia, che il 17 aprile alle ore 19, a Milano presso la Biblioteca della moda (via Alessandria 8) presenterà il suo ultimo libro Sciamani – istruzioni per l’uso (shake edizioni, pp. 208, euro 16).

È un libro singolare, capace di trattare con semplicità e leggerezza argomenti complessi, riccamente illustrato con immagini di veri sciamani dei cinque continenti a cui si affiancano i disegni dell’autore, uno dei pionieri della grafica psichedelica non solo italiana. Quasi un libretto a sé stante l’ultimo capitolo del libro, intitolato Il volo magico, che fa la storia de «L’Aviazione nel mondo antico», illustrando tra il serio e il faceto velivoli monoposto paleosiberiani con struttura alare in pelli di foca e denti di tricheco, hostess egizie dell’aeroporto intergalattico di Gizah, personale viaggiante semidivino delle linee aeree mesopotamiche sulla rotta Babilonia-Ninive, velivoli tibetani per il trasporto dei defunti, aeronavi colobiane in oro massiccio – una vera e propria pacchianata… e così via, volando.

La visione del mondo implicita nello sciamanesimo trova sempre più riscontri anche nelle realizzazioni della scienza moderna, dalla medicina alla fisica, alla cosmologia, che stanno rivoluzionando la nostra concezione della realtà…

L’atteggiamento generale verso gli sciamani è mutato da quando la visione materialista ed euclidea del mondo ha iniziato a mostrare segni ineludibili di cedimento. Un lento processo riabilitativo che prende le mosse nell’800 in ambiti letterari (basta pensare alla favolistica dei fratelli Grimm o ai maudits parigini) e che esplode negli anni 60 del secolo scorso, grazie ai movimenti controculturali che cercavano radici che non fossero quelle di una società gerarchica, basata sullo sfruttamento della natura e dell’uomo sull’uomo. In quel periodo di nomadismo e di grandi viaggi, si andava incontro alle culture tribali fino ad allora considerate selvagge, inferiori o tutt’al più pittoresche. Naturalmente hanno contribuito anche libri come A scuola dallo stregone di Carlos Castaneda, che raccontavano brillantemente, tra finzione e realtà, dell’esistenza di multiversi, percepibili da diverse angolazioni. L’uso delle sostanze psicoattive ha giocato un ruolo chiave in questo tipo di ricerca che ha permesso di scoprire che le tecniche sciamaniche sono molto più vicine alla nostra cultura di quanto pensassimo, considerando le radici pagane dell’Europa. Per millenni i Misteri eleusini sono stati espressione diretta della cultura sciamanica, prima di essere rinnegati e distrutti dal cristianesimo e perseguitati secoli dopo con l’orrenda caccia alle streghe che ben conosciamo.

In apertura del libro c’è una foto di un bambino vestito da indiano d’America, è una tua vecchia foto di carnevale?

Lo sciamanesimo lo conosciamo bene, perché da bambini tutti siamo stati in qualche modo sciamani. Il bambino è un essere capace di collegarsi con le forze sottili dell’esistenza, e usa il gioco come ponte per entrare in contatto con diverse modalità percettive. Il bambino sa diventare altro, trasformarsi come persona o anche come animale, parla con esseri invisibili, oggetti inanimati, cerca un cambio di coscienza attraverso formule estatiche minori, come il girotondo e le vertigini; trattiene il respiro, ripete frasi senza senso, filastrocche, tutti elementi direttamente collegati con la tecnologia dell’estasi degli sciamani, persone che hanno saputo mantenere e sviluppare questa capacità incredibile al servizio della propria evoluzione personale e del benessere comune. In quella foto, avrò avuto più o meno tre anni, si sottolinea la classica scelta esistenziale tra il fare il cow boy o l’indiano. Io ovviamente avevo optato per il secondo, una premonizione per i miei interessi futuri. Mi ricordo che, anche in quella periferia completamente devastata di Milano, che fa da sfondo alla foto, mettersi le penne in testa, avere le frange nei pantaloni e un arco squinternato in mano, bastava a farmi uscire dalla realtà consensuale dei grandi e vivere per una estensione di tempo, a mia scelta, all’interno di un altro mondo. È esattamente questo il punto di partenza per il famoso volo magico, che i più avventurosi della mia generazione hanno affrontato.

Io avevo un cavallo a dondolo con cui parlavo, e per me la cosa era assolutamente reale…

Io avevo dei soldatini di plastica di indiani con cui comunicavo e che mi accompagnavano nelle mie avventure. Per me quei piccoli indiani erano degli aiutanti magici, un approccio verso un mondo fatato.

Nel tuo libro in un capitolo fai l’Hit Parade sciamanica di brani musicali, film, libri, simboli, animali guida etc…

Nella mia storia personale la prima canzone sciamanica per eccellenza è stata Purple Haze di Jimi Hendrix: è uno dei primissimi brani in cui l’effetto sonico fuso con le parole è riuscito a rendermi cosciente del fatto di avere nel mio kit di umano delle antenne percettive che non avevo mai usato. L’idea hendrixiana di «fermarsi per baciare il cielo» è un meraviglioso sentimento poetico. Nel libro c’è una sezione dedicata ai canti sciamanici, tutti indistintamente, da qualsiasi parte del mondo provengano, sono colmi di delicata e terrifica poesia. Nella hit parade musicale ho inserito anche Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno, un brano che descrive perfettamente l’esperienza di uscire dal corpo fisico: un cambio di coscienza vissuto con gioia. È indicativo che ci troviamo in Italia, non in Messico o sull’Himalaya, eppure siamo di fronte alla stessa emozione, all’idea che possiamo uscire dalla nostra condizione di bipedi ancorati alla forza di gravità e, in qualche modo, spiccare il volo e andare verso il cielo, comunicare con esseri soprannaturali che vivono tra le nuvole, abbandonare la piccolezza della nostra vita e abitare nei piani superiori della coscienza. Il canto sciamanico, una raffinata tecnologia del sacro, serviva non tanto per entrare in contatto con la divinità, una concezione molto cristiana, ma per ristabilire l’equilibrio con le forze cosmiche.

E per il cinema?

Per quanto riguarda i film, Rashomon di Kurosawa rimane fondamentale per la mia crescita. L’ho visto da piccolissimo alla televisione e mi ha stregato. Sono sobbalzato quando, seguendo il racconto di uno stesso evento fatto da personaggi diversi, a un certo punto un morto parla attraverso la bocca di una sciamana. È qualcosa che non avevo mai visto prima, ho realizzato che le persone possono essere più cose contemporaneamente, e questo è uno dei grandi insegnamenti dello sciamanesimo, l’idea di non essere così strettamente legati a un’identità, all’ego.

Un capitolo del libro si intitola «Chi è uno sciamano?» e c’è un po’ di tutto, tutte persone peraltro molto simpatiche…

Volevo confutare l’idea che lo sciamanesimo sia qualcosa di lontano, una faccenda etnica. Ho inserito dei personaggi, anche di fantasia, grandi saggi come Rumi, attori come Harpo Marx – perfetta personificazione del coyote precolombiano scombina-ruoli – Yoda di Guerre Stellari («solo fare o non fare, non esiste provare), ovviamente Arthur Rimbaud e Elvis Presley che rimanda all’aspetto erotico della seduta sciamanica.

In «Shaman prêt-à-porter – il costume sciamanico» spieghi la funzione degli incredibili abiti degli sciamani, da cui pendono infiniti amuleti di ogni forma e colore… come ti sei documentato per la galleria dei costumi?

È stato abbastanza complesso, quando si parla di sciamani comunemente si pensa al nativo americano che sta fumando la pipa. In realtà il costume sciamanico è una cosa ben precisa e molto complessa. Ho analizzato molti libri di viaggio, dalla Siberia all’area himalayana, dal’Amazzonia all’Australia e, a poco a poco, grazie a una serie di connessioni inaspettate, sono riuscito a mettere insieme un’iconografia corposa. Una delle fonti più utili è stato il lavoro del grande George Catlin, un pittore ed esploratore americano che per fortuna ha ritratto in tempo reale le attività degli sciamani. D’altra parte anche il costume di Babbo Natale ha molte cose da insegnarci a proposito.

Non ci sono vecchie a cavallo di scope tra i tuoi disegni, ma giovani affascinanti fate…

Nell’immaginario occidentale la sciamana è stata equiparata alla strega, una persona decrepita e pericolosa che in qualche modo richiama l’animalità. Questo fa parte della negazione e del rifiuto del mondo giudaico cristiano verso il potere femminile. Le mie figure sono una sorta di doveroso risarcimento, un omaggio alle donne. Lo sciamanesimo nasce dal riconoscimento dell’energia femminile. Non a caso ci sono molte leggende, soprattutto in Siberia, dove lo sciamano originario è una donna e gli uomini, per attingere a quei poteri, devono studiare, imparare, imitare i movimenti e le posture delle donne. Molti costumi sciamanici replicano il corpo femminile, hanno seni e utero stilizzati. Il corpo della donna è anche una mappa di energia caotica, primordiale, segreta: chi riesce a decifrarla può iniziare un viaggio di conoscenza e di evoluzione dell’essere.

Dall’universo newtoniano visto come una grande macchina, si sta passando a concepire l’universo come un complesso organismo vivente, dotato di coscienza, intelligenza e tutte le altre facoltà considerate fino a poco tempo fa, presuntuosamente, solo umane…

Gli sciamani hanno trasmesso l’idea che non siamo gli unici abitanti «intelligenti» di questo pianeta. Esistono diverse realtà che possono essere sia separate che parallele, contigue o sovrapposte, con porte di entrata e di uscita connesse a diversi livelli di coscienza. Lo sciamano toglie l’uomo da una posizione di privilegio, è un grande diplomatico che va nelle zone di crisi e si mette in gioco tra gli uomini e gli animali e i vegetali, tra gli uomini e gli esseri soprannaturali, tra gli spiriti e le energie primarie. È un approccio olistico che non considera l’uomo come una creatura in cima a una piramide gerarchica ma come parte di un universo o meglio di un multiverso. Elimina l’idea che la natura sia buona di per sé, il concetto di «buono» è una visione molto cristiana, e introduce il concetto di responsabilità: l’attività umana non deve contrapporsi a quella di altre forme di vita. Lo sciamano nel corso dei millenni ha stabilito e affinato metodologie utili per affrontare ogni genere di emergenza, psichica o fisica. Purtroppo il fatto che siano «scomparsi», che non vengano più riconosciuti a livello sociale, ha prodotto una patetica confusione di ruoli, dove si muovono imbroglioni più o meno pittoreschi. La salvezza del mondo non è nelle mani degli sciamani – del resto loro stessi si guarderebbero bene dal proporsi come «salvatori» – ma dalla loro conoscenza possono emergere chiavi di lettura utili ad affrontare questo tremendo periodo di crisi, che più che economica è paradigmatica. Oggi è molto trendy parlare di sciamanesimo amazzonico, di tour esperienziali con piante magiche. Ma al di là delle banali ricadute di un turismo consumista ed edonista, ci sono anche molti che vanno in quei luoghi per riconnettersi con una conoscenza ininterrotta da millenni. È un po’ come tornare alle fonti, certo sarebbe stato molto più interessante per noi avere una Eleusi funzionante qua vicino, ma purtroppo non è così.

Qualcuno sostiene che sia stata la pianta stessa dell’Ayahuasca a prendere recentemente l’iniziativa di diffondersi nel mondo e per così dire «dare una mano» all’umanità in un momento di grande bisogno…

Non è una tesi da fantascienza… secondo molti studiosi sono le piante psicoattive a inseguire l’uomo e non il contrario. Si è constatato che la presenza di piante psicoattive si fa più consistente in luoghi e momenti di crisi, come se queste si avvicinassero agli umani per trasmettere informazioni. Non dimentichiamo che lo stesso corpo umano funziona in simbiosi con milioni di batteri che lo abitano. Siamo noi stessi un esempio di convivenza con forme aliene, i batteri contribuiscono a gestire il nostro approccio con il mondo esterno. Questa è una cosa che solitamente non consideriamo, quando pensiamo a noi stessi ci identifichiamo con la nostra mente, con la nostra individualità, mentre dentro di noi c’è un sistema di convivenza stretta con milioni e milioni di altri esseri. Questa è la cosa più stupefacente, noi stessi siamo già dei mondi, per cui immaginare la Terra come un essere vivente, cosciente, intelligente è solo una logica conseguenza.