Ecco un romanzo che non ammette cautele, non tollera la distanza, emotiva e cerebrale, del lettore, di cui fa un sol boccone, come nella più classica delle favole. Ovunque, proteggici, di Elisa Ruotolo (Nottetempo, pp. 328, euro 16,50; l’esordio nel 2010 con la raccolta Ho rubato la pioggia), è infatti un’incredibile storia familiare che incontra un linguaggio straordinario, letteralmente.

Un giorno, Lorenzo Girosa, cinquant’anni, riceve una lettera che allude a un segreto nascosto tra le mura della villa di famiglia e tra le maglie della memoria delle generazioni che hanno abitato quel luogo avaro d’affetti. «Con gli anni la razza si era impoverita non solo di nascite ma anche di ricchezze perché i Girosa avevano la vocazione allo sperpero, la tendenza alla leggerezza, la volontà di allontanarsi dal nido, e tutte le disposizioni ereditarie per mettere in piedi una sarabanda di pazzi».

Un universo magico e immaginifico che Lorenzo rievoca a partire dal nonno Domenico, espatriato verso la… Merica da cui arrivano soldi e lettere, raccontando del dono pauroso della Bambina e di Nicola, il padre di Lorenzo, un gaglioffo, un cerretano inetto alla pratica, appunto, di un’esistenza normale, un po’ come tutti gli uomini di famiglia. «Lo chiamavano Blacmàn e immediatamente tutti capivano chi fosse. Prima ancora del nome o di una fama qualsiasi, veniva quell’aspetto da zingaro quale in fondo era, da prestigiatore da quattro soldi: un uomo con mani grandi abbastanza solo per suonartele, ma non per prendere la vita come si deve».

Un’opera che vive dell’aura svagata delle fiabe, dell’aspra magia della campagna, del fascino misterioso dei luoghi abbandonati, della paura del fulmine e degli incomprensibili segni celesti che reca con sé. «Oltre la porta spiò il marito mentre assicurava un chiodo alla sua scarpa sinistra, il lato del cuore, quello debole di Domenico, quello impreciso di Mariano, e quello senza rumori di Nivio; il lato del fulmine, quello su cui Ettore le si poggiava ogni notte, e che per un attimo tornò a sapere di bruciato».

Una prosa danzante, classica, semplice e ricercata, ricca d’estri sintattici che si svolge sopra un lessico denso, vibrante dell’eco del dialetto e della cerimonia. La placida progressione di una lingua vorticante, inesausta all’invenzione verbale e che si annida tra le campagne del nostro meridione, il Tommaseo e le ingegnose liturgie d’una voce unica nel panorama italiano. Una favella pastosa di significati, umori e leggende domestiche che si sviluppano attraverso allusioni metaforiche e un gergo terrigno e celeste come solo l’incontro della memoria con le intricate latebre familiari può generare.

Ovunque, proteggici, una delle prove più consistenti del panorama italico di questo primo scorcio di 2014, è stata presentata allo Strega da Dacia Maraini e Marcello Fois entrando tra i dodici finalisti del premio.